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Con lo spread basso il governo ci guadagna 3 miliardi. Parola di Confindustria

Lo spread basso conviene. Ma quello che conviene ancora di più è mantenerlo agli attuali livelli. Anche questa mattina il contatore del differenziale tra i rendimenti sul nostro Btp e quelli sul Bund tedesco si è attestato al di sotto dei 200 punti base, 100 in meno di tre settimane fa e una cinquantina di punti base in meno della Grecia, cioè di un Paese tecnicamente fallito. Certo, l’Italia continua a pagare un premio per ogni titolo piazzato decisamente maggiore rispetto a quello che spendono gli altri Paesi, che certamente non hanno un debito pubblico della nostra mole. Eppure, nelle ultime settimane, la nostra spesa in interessi si è ridotta considerevolmente.

MENO SPREAD, PIÙ RISPARMI 

Il Centro studi di Confindustria diretto da Andrea Montanino, questa mattina ha diffuso delle slide in cui fa un semplice calcolo, sui risparmi derivanti da uno spread al ribasso. Arrivando a una conclusione. “Con i tassi ai livelli attuali si potrebbero risparmiare circa 3 miliardi di spesa per interessi in un anno e mezzo”. In pratica, secondo Confindustria, mantenendo lo spread sotto i 200 punti base, il governo gialloverde può risparmiare l’equivalente di mezzo reddito di cittadinanza nel giro di 18 mesi. Non male in vista della manovra d’autunno che non si preannuncia certo facile, anche dal punto di vista delle coperture. Per questo l’invito degli industriali al governo sa più che altro di consiglio amichevoli. “Occorre trarre vantaggio da questa situazione ed evitare mosse che possano riportarli su valori più elevati“.

CSC (2)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LE RAGIONI DEL CROLLO

Ma perché lo spread è crollato? “Si è ridotto il differenziale dei titoli sovrani italiani con quelli tedeschi, tornando ai livelli di fine 2017. Sono calati i rendimenti sui titoli sovrani anche degli altri paesi dell’area euro, ma la riduzione di quelli italiani è stata maggiore. Il calo è dovuto principalmente a tre fattori: l’annuncio delle prossime mosse della Banca centrale europea e le dichiarazioni di Mario Draghi, con la comunicazione della volontà di mantenere i tassi invariati per almeno un anno, dei dettagli sulle operazioni atte a garantire liquidità al sistema, e della possibilità di ulteriori stimoli. La decisione della Commissione europea di non raccomandare l’avvio di una Procedura per disavanzo pubblico eccessivo nei confronti dell’Italia”. Non è finita. C’è anche il flusso di dati macroeconomici “più positivi delle attese. Una parte considerevole del rischio più alto percepito dai mercati, a fronte del quale si richiede un rendimento più elevato, riguarda il rischio di un’uscita dell’Italia dall’Eurozona: anche solo la presenza di tale percezione è un costo per il nostro Paese”.

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