Domenica scorsa gli albanesi hanno votato per eleggere sindaci e consigli comunali in un clima surreale, come se la guerra fredda non fosse mai finita. Allarmi di brogli e corruzione, rischio di nuovi disordini di piazza, conflitto tra poteri dello Stato (Rama-Meta) mai sopito. Nel mezzo, un Paese che negli ultimi anni si è distinto per un certo fermento commerciale che ha contribuito a fargli cambiare pelle, accanto alla procedura di adesione all’Ue ormai alle porte.
VOTO E VETI
Le elezioni amministrative di ieri si sono celebrate in una fase di assoluta incertezza politica, con appena il 21,6 per cento di affluenza, con l’opposizione di centrodestra guidata da Lulzim Basha che ha deciso di non prendervi parte, mentre la maggioranza di centrosinistra che fa riferimento al premier Edi Rama si prepara a fare l’ex plain con una primizia assoluta: per la prima volta nella storia del paese delle Aquile un solo partito avrà il controllo delle municipalità. Per cui mentre da un lato il governo viene accusato di corruzione e brogli elettorali, dall’altro all’opposizione è stato fatto divieto di manifestare pacificamente nel giorno delle elezioni, contribuendo a rafforzare il clima di sospetti che si è instaurato ormai da un biennio.
RAMA
“Questo giorno conferma che nessuno può giocare con il popolo – ha detto il premier Rama poco dopo aver votato nel suo villaggio – e chi osa prendere la sovranità dal popolo non trova altro fine se non un fallimento vergognoso”. E ancora: “Nelle elezioni ha vinto il futuro, lo Stato, la speranza e l’indomani europeo del paese”. Piccoli gruppi di sostenitori dell’opposizione si sono riversati per le strade di Tirana gridando “Rama go!”, mentre l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione ha inviato 174 osservatori elettorali. Uno dei tecnici della missione di monitoraggio internazionale ha detto che la situazione in un seggio di Tirana non era “favorevole all’osservazione”.
OPPOSIZIONI
“Quello di ieri è stato un tentativo fallito di istituire uno stato monista – ha detto la leader del Movimento Socialista per l’Integrazione (il secondo principale partito dell’opposizione), Monika Kryemadhi – Gli albanesi ha parlato in modo chiaro con la loro non partecipazione alle elezioni. L’opposizione deve farsi carico per la risoluzione della crisi nella quale l’Albania è stata portata da Edi Rama. Gli albanesi oggi chiedono un’economia che garantisca loro un futuro. Chiedono di porre fine all’ansia e alla sofferenza. Non ci basta che gli albanesi abbiano rifiutato il regime monista di Rama, dobbiamo lavorare sodo per guadagnare la loro fiducia. Ora inizia la battaglia per la rimozione definitiva della criminalità organizzata. Oggi l’85% degli albanesi è nostro alleato”.
CRISI
La crisi politica e partitica si inserisce in un momento peculiare nella storia del Paese, attraversato sì da una fase di investimenti internazionali e di centralità nel dibattito mediterraneo (grazie alla procedura di adesione all’Ue e al dossier idrocarburi) ma anche da una crisi demografica oggettiva. Il 52 per cento della popolazione ha lasciato il paese, con la popolazione attuale ferma a 2,8 milioni e in calo.
Altro elemento di assoluta instabilità è quello legato al sistema giudiziario, attenzionato da una tornata di riforme accanto al controllo che la politica non vuol perdere. Una conflittualità che ha portato il paese a rimanere senza corte costituzionale, mentre i giudici attendono una sorta di screening sui beni mobili e immobili. Il risultato di queste manovre è il conseguente blocco del sistema stesso, nonostante sia monitorato dal Dipartimento di Stato americano, dal Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti e dalla Commissione europea.
LE INCHIESTE
Le bordate contro la corruzione in Albania non arrivano solo dall’opposizione, ma anche dai media tedeschi che hanno pubblicato una serie di intercettazioni relative ai casi spinosi sui quali si sta costruendo la narrazione contro i socialisti al governo.
La Bild ha realizzato alcuni reportages pubblicando numerose intercettazioni, coinvolgendo alti esponenti del Partito socialista di Edi Rama, dove si parla apertamente di acquisti di voti nelle elezioni del 2017. Tra loro Vangjush Dako sindaco di Durazzo, che discute con Astrit Avdylajn (definendolo un fratello) membro di un gruppo criminale del Bangladesh. Tutte le telefonate sono agli atti della magistratura che indaga su un’organizzazione internazionale dedita al traffico di droga conosciuto come il clan criminale “Avdylaj”, nella città di Shijak in Albania.