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Il Deep State algerino e il post-Bouteflika

Le dimissioni del presidente Abdelaziz Bouteflika (nella foto) dal seggio presidenziale dell’Algeria, che reggeva dal 1999, rappresentano l’inizio di una tremenda lotta per il potere, dove sono coinvolti i principali apparati di sicurezza e le stesse forze armate algerine.

Per comprendere i giochi di potere che si stanno svolgendo all’interno dei palazzi governativi di Algeri bisogna comprendere il sistema che fino ad ora ha governato, come eminenza grigia, lo Stato algerino.

La costruzione dell’entità statale algerina è stata realizzata, sin dalla sua indipendenza, dalle stesse Forze Armate, ma è grazie a compromessi, conclusi con le principali forze politiche e apparati economici, che si è costituito un apparato collegiale che comprende il Fronte di Liberazione Nazionale(Fln), l’establishment militare algerino, gli apparati di sicurezza e dei servizi segreti denominato “il Pouvoir” ( Il Potere).

Il Sistema “Pouvoir” ha governato il Paese sin dai tempi della sua indipendenza dalla Francia, ma è stato caratterizzato negli anni recenti dalla lotta che si contendevano le due principali fazioni. Il primo Clan è quello legato alla figura della famiglia Bouteflika.

Denominato “Clan di Oujda” dove all’interno la fazione dei “dialogatori”, dell’ormai ex presidente, riuscì a indebolire la fazione degli “sradicatori”, ma senza eliminarla del tutto dal sistema di potere.

In breve, gli “sradicatori” miravano, durante gli anni della guerra civile del 1991, ad eliminare ogni elemento islamista dal panorama politico algerino e stabilire un regime militare sul modello egiziano; mentre “i dialogatori”, che si rifacevano alla guida dell’allora astro nascente Abdelaziz Bouteflika, volevano garantire lo status quo e un certo equilibrio tra le forze che componevano “il Pouvoir”.

Concluso il conflitto l’ala dei “dialogatori” prevalse, ma garantì all’altra ala privilegi e importanti incarichi governativi.

Il Principale organismo statale algerino degli sradicatori era il Département du renseignement et de la sécurité ( Dipartimento per le informazioni e la sicurezza DRS).

Sino al 2016 ha avuto massima autonomia nelle operazioni di intelligence e di repressione dei dissidenti politici. Ma dopo il 2016 venne ridimensionato e sciolto, scioglimento previsto dal progetto di riorganizzazione degli stessi servizi segreti pianificato da Bouteflika. Lo scioglimento del Drs portò alla creazione del Département de surveillance ed de sécurité( Dipartimento di sorveglianza e di sicurezza).

Differentemente dall’autonomo Drs, il Dss era alla dipendenze organizzative del dicastero della Difesa algerina, ma riferiva direttamente all’Ufficio della presidenza della Repubblica.

La riorganizzazione smembrò la triarchia( Servizi Segreti, FLN e militari) che governava “il Pouvoir”, tramutandola in una diarchia dove l’equilibrio di potere era nelle mani dei vertici militari e del potere presidenziale.

Ma il clan di Bouteflika doveva fare i conti con una folta opposizione interna agli apparati del potere. In primis il secondo Clan rivale, denominato “Clan d’Annaba”.

La fazione dell’Annaba è guidata dall’attuale Capo di Stato Maggiore delle forze armate algerine e ministro della Difesa Ahmed Gaid Salah. Il clan di Salah si è posto l’obiettivo di sradicare la gestione familiare dei Bouteflika e restaurare la gestione collegiale del “Pouvoir” ma con una prevalenza egemonica delle Forze armate, che si considerano legittimate ad interferire nelle gestione del potere politico. Con le dimissioni di Bouteflika, costretto dalle pressioni della piazza e dagli stessi vertici militari, la transione consegna de facto il paese ad una egemonia, nell’ombra, delle Forze Armate Algerine. Lo stesso Gaid Salah, in qualità di Capo di Stato maggiore delle forze algerine, ha pressato il Consiglio Costituzionale a dichiarare vacante la Presidenza della Repubblica, consegnando al presidente del Senato (Bensalah) le veci di capo di stato.

Mentre il primo ministro ad interim Noureddine Bedoui sta preparando le elezioni presidenziali, elezioni che rappresenteranno la conclusione del ventennio Bouteflika, la lotta di potere nello stato profondo algerino continua, senza esclusione di colpi. Le Forze Armate guidate da Salah, secondo alcuni eminenza grigia della transizione post-Bouteflikiana, sta attuando una colossale operazione di spoils system e di riorganizzazione degli apparati che componevano la stretta gerarchia vicina alla famiglia Bouteflika. Sono stati arrestati Said fratello dell’ex presidente, due ex capi dell’intelligence dell’era Bouteflika, il generale Bachir Athman Tartag ( capo della DSS) e il predecessore Mohamed Mediène “Toufik” (denominato il “Re d’Algeria” Rab d’Zeir). Ma per il momento Salah non mostra, intelligentemente, i suoi veri obiettivi: diventare il garante politico e militare del nuovo sistema che governerà Algeri.

Il Pouvoir, sin dall’indipendenza di Algeri, ha governato il paese grazie ad un sistema complesso, che sfruttava azioni ufficiali e zone d’ombra per garantire la permanenza politica dell’establishment algerino. Forze armate, elementi dei partiti politici algerini, apparati economici, del complesso industriale e il sindacato dei lavoratori (UGTA) hanno legittimato il loro potere sui sussidi e la redistribuzione delle rendite derivanti dal petrolio e dal gas. Ma il ricambio generazionale tra i vertici militari con nuovi ufficiali (effettuate con il tradizionale cambio della guardia e con alcune e sporadiche epurazioni ordinate dallo stesso Bouteflika), in cui veniva meno il legame ideologico, è stato uno dei motivi principali che ha aumentato la frattura tra la vecchia guardia e le forze armate.

La transizione algerina però non ha garantito la nascita un soggetto politico capace che riesca a consolidare la successione, ed anche il Fronte di Liberazione Nazionale, fautore dell’indipendenza nel 1962,che ha governato il paese sino ad ora è scosso da una grave crisi che potrebbe portare al suo stesso scioglimento.

Per ora il Capo di Stato Maggiore Gaid Salah deve organizzare una transizione ordinata(con nuove elezioni presidenziali), ma il caso Algeria preoccupa i suoi vicini e le varie potenze. Bisogna precisare che per ora la stabilità dell’Algeria non è messa in discussione ed è garantita da vari fattori, come la solidità delle istituzioni e la volontà popolare di evitare una seconda guerra civile, simile a quella del 1991. Ad oggi un accordo tra i vertici militari, la base popolare e il governo transitorio è l’unica strada possibile per evitare il collasso, ma bisogna convincere i manifestanti, restii a un processo, lento e graduale, che potrebbe essere visto come un tentativo della vecchia gerarchia di garantirsi il potere negli apparati governativi di Algeri. La transizione è cominciata e il vecchio sistema clientelare di matrice Bouteflikiana è ormai collassato.

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