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Dialogo con la Russia? Troppo presto. Il monito del generale Breedlove

La Russia di Vladimir Putin è ancora una minaccia per l’Europa, gli Stati Uniti, l’Occidente. “Nessuno vuole la guerra, ma per la pace serve un cambiamento concreto”. Il generale Phil Breedlove si confida ai microfoni di Formiche.net con tono grave. Ci tiene a precisare di “parlare a nome di se stesso”, e di nessun altro. Ma chi conosce il suo nome conosce anche il bagaglio di esperienza militare e diplomatica che si porta sulle spalle, e il peso delle sue parole. Scelto da Barack Obama come comandante delle forze Usa in Europa e nominato comandante supremo degli alleati in Europa alla Nato (Saceur), è uno dei più decorati generali americani e un’istituzione dell’aeronautica a stelle e strisce.

A capo della Nato nel Vecchio Continente è stato testimone privilegiato degli eventi che hanno ridisegnato la carta geografica europea. L’invasione della Crimea da parte dell’esercito russo nel 2014. Poi la guerra civile in Donbass, dove ancora oggi scorre sangue. Gli accordi di Minsk, che, denunciano in coro Europa e Stati Uniti, Mosca continua a violare. “Da due anni sono solo un uomo in pensione – scherza lui. E però il trasporto con cui guarda preoccupato alla polveriera ad Est dell’Europa tradiscono l’apparente distacco.

La missione che ha lasciato in eredità al suo successore Curtis Scaparrotti è tutt’altro che conclusa. A settant’anni dalla nascita l’Alleanza Atlantica ha ancora in quella che fu l’Unione Sovietica il suo avversario principale. Neanche la Cina, che pure in molti a Washington DC considerano ormai la vera sfidante dell’egemonia americana e occidentale, preoccupa tanto la Nato. “Non c’è dubbio che le sfide che la Cina pone stiano aumentando sempre più, basta guardare il dibattito su Huawei, i chip e software usati per sottrarre dati ai sistemi occidentali – spiega il generale – ma da una prospettiva militare la Russia rimane in assoluto la minaccia più grande”.

“Per due volte negli ultimi cinque anni una grande potenza del continente europeo ha usato il suo esercito per modificare confini riconosciuti dalla comunità internazionale, la Russia continua ad occupare la Crimea e a sostenere le forze separatiste nel Donbass”. Questa, dice Breedlove, è la prova più schiacciante per ribattere a chi, come Putin, ritiene di rispettare gli accordi di Minsk: “il loro obiettivo era ristabilire i confini legittimi dell’Ucraina, eppure a Donetsk, Lugansk e nel Donbass rimangono i carri armati russi”.

Il dialogo, ripete come un mantra, deve sempre rimanere vivo. Per questo è “una buona notizia” quella annunciata dal presidente ucraino Vladimir Zelensky, che ha dichiarato di voler presto fissare un incontro con il suo omologo russo con il patrocinio di Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania, “parlarsi è sempre legittimo”.

I tempi non sono invece maturi per rimuovere le sanzioni Ue contro Mosca, come qualcuno, a partire dal governo gialloverde, vorrebbe fare da un pezzo. “Sarà impossibile finché non riscontreremo progressi concreti sugli accordi di Minsk – chiosa il generale. A Roma e Bruxelles lancia un messaggio. Premette di non essere “nessuno per dire come dovrebbero votare gli Stati Ue”, ma non nasconde l’importanza “per la Nato e i suoi alleati Ue di mostrarsi uniti e agire in concerto per mantenere le sanzioni”.

Breedlove è scettico su una soluzione nel breve periodo. A suo parere, per esempio, Stati Uniti e Russia non riusciranno a salvare il trattato Inf (Intermediate Range Nuclear Forces Treaty) siglato da Mosca e Washington nel 1987 per congelare la corsa al nucleare. Le lancette corrono, il 2 agosto quel foglio rischia di essere stracciato. “Il tempo sta per scadere. Non saremo in grado di trovare un accordo prima che il trattato si estingua, dobbiamo assolutamente lavorare su un nuovo testo che non sia ristretto solo a Russia e Stati Uniti”. Alle buone intenzioni però devono seguire i fatti: “La Russia ha iniziato a violare il trattato Inf anni fa, quando ha schierato i suoi missili al confine Est. Se i contraenti ignorano i termini è tutto inutile”.

L’escalation con Mosca impone una riflessione urgente all’Europa e alla Nato, spiega l’ex comandante. A partire dalla spesa nella Difesa dei rispettivi Paesi, che è andata a picco negli ultimi dieci anni e rischia di far trovare il Vecchio Continente impreparato di fronte a un’aggressione militare. Si vis pacem para bellum. “Ero presente nella stanza dove 28 Capi di Stato europei in Galles hanno concordato di investire il 2% del Pil nazionale nella Difesa entro il 2024”. Le continue strigliate del presidente americano Donald Trump agli alleati europei hanno più di qualche ragione, spiega Breedlove. “Quell’impegno deve essere rispettato, abbiamo ridotto gli investimenti nelle forze armate senza rimpiazzare l’equipaggiamento militare, dobbiamo agire prima che si tardi”. Nell’apprensione del generale c’è una nota personale. I suoi figli servono tutti nelle forze armate. “Non voglio vederli andare in guerra in un esercito vecchio, mal equipaggiato, impreparato”.

Onorare gli impegni con la Nato non compromette necessariamente gli sforzi per costruire una Difesa comune europea. Su questo punto il generale è fermo, e si discosta dai dubbi di altri suoi parigrado. “Ventiquattro degli Stati membri Ue fanno parte della Nato, ogni investimento nella Difesa è una buona notizia anche per l’Alleanza”. A patto che, però, gli investimenti servano a ricapitalizzare le forze armate e non si trasformino in ridondanze, “bisogna evitare di comprare tecnologie ed equipaggiamenti già in dotazione ad una delle due parti”.

Per farsi trovare pronta la Nato deve guardare al futuro e avere coraggio, conclude Breedlove, senza rinnegare gli errori commessi nel passato, anche recente. L’instabilità del Nord Africa, e in particolare di quel che resta della Libia, risuona un monito severo per gli alleati. “Non sono d’accordo con quanto detto da Putin a Roma, i problemi di quella regione affondano le loro radici decenni fa”. Qualcosa, però, non è andato per il verso giusto. Il generale spiega con un acronimo semplice la bussola che deve guidare l’azione della Nato: DIME (Diplomacy, Information, Military, Economy). “Avevamo un grande piano militare per la Libia, ma non avevamo un buon piano economico, diplomatico, informativo per preparare quello che sarebbe successo dopo”. Ora c’è solo una via di uscita: “i player regionali devono mettersi intorno a un tavolo e lavorare insieme a una soluzione”.


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