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I sovranisti presi a mazzate (con contentino per l’Italia)

Evitiamo giri di parole inconcludenti e bizantini: Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea e Christine Lagarde al posto di Mario Draghi alla Bce rappresentano una vittoria poderosa ed assoluta del più solido e consolidato establishment continentale, quello ancorato politicamente all’area moderata e d’ispirazione popolare. Legato a doppio filo ai circuiti finanziari che contano e poggiato geograficamente sull’asse storico che governa l’Europa: quello che va da Parigi a Berlino.

Emmanuel Macron e Angela Merkel hanno mostrato abilità e potenza di fuoco, rosolando per bene Manfred Weber e Frans Timmermans e lasciando briciole ai sovranisti di ogni ordine e grado, confermando così una leadership uscita ammaccata dalle urne di maggio ma rivelatasi ancora tonica a livello di governi. Quindi sono loro i vincitori di questa partita, con annessi i loro alleati storici, cioè belgi, olandesi e spagnoli. Perfettamente in sintonia con questo schema è anche l’elezione di David Sassoli alla presidenza del Parlamento Europeo (comunque una buona notizia per l’Italia), poiché con questa scelta si regolano altre due partite decisive, cioè ridimensionare le pretese dei socialisti (usciti pesantemente sconfitti alle elezioni) e assestare un cazzotto in fronte a i due partiti “ribelli” al governo a Roma, mettendogli in casa una figura di vertice Ue a loro sommamente sgradita.

Su questi due fronti insomma l’esecutivo gialloverde ha preso schiaffi pesanti, nonostante il prodigarsi lodevole di Giuseppe Conte ed Enzo Moavero. Va però detto che l’Italia esce dal tunnel della procedura d’infrazione con largo anticipo sul previsto, omaggio evidente al fatto che, piaccia o no, siamo la terza economia dell’Unione, i cui conti non sono così disastrati come alcuni cercano di raccontare. Quindi a Palazzo Chigi si può ragionare con moderata soddisfazione e, soprattutto, può tirare un sospiro di sollievo il prof. Giovanni Tria (vedasi andamento al ribasso dello spread). Il fronte sovranista esce dunque malconcio dalla prima prova seria dopo il 26 maggio, come risulta peraltro evidente dai silenzi di Salvini (che raramente evita di farci sapere come la pensa). Però l’Italia incassa una buona notizia sul fronte dei conti pubblici, che avrà riflessi positivi nei mesi a venire. Chi si lamenta è scemo.

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