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Tutti gli effetti delle fake news nell’era della post verità

Di Francesco Zurlo

Le parole possono sortire ogni tipo di effetto sulle persone. Non a caso ad esse è stato attribuito un valore magico, mai del tutto scomparso. Dalle parole, come indica Leonardo da Vinci, ci si può sentir mordere. Con esse si può chiedere perdono o accendere il fuoco dell’ira, risollevare conflitti o generare spiacevoli inconvenienti. Parafrasando John Langshaw Austin: “you don’t just do things with words, you actually create worlds with them” (Non fai solo cose con le parole, crei universi tramite esse).

Alcune settimane fa stavo insegnando ad un master in medicina umanistica e sono rimasto colpito dalle parole di una allieva, un medico esperto con una consolidata carriera. Commentando l’esercitazione che avevo predisposto per permettere a tutti i partecipanti di esercitare i rudimenti della relazione e dell’influenzamento reciproco, l’allieva ha detto: “avevo paura di parlare, non avevo mai realizzato quando fossero potenti le parole”.

Scegliere le parole, il contesto, il mezzo e il momento giusto non è affatto facile, ma è ancora possibile. Al contrario, provare a controllare l’uso che gli altri faranno delle parole è non solo assai più difficile, ma in parte anche impossibile: c’è sempre almeno un po’ di imprevedibilità nel modo in cui le persone reagiscono o usano l’informazione. È per questo che la comunicazione è un’arma potente ma allo stesso tempo delicata.

Facciamo un esempio. Posso scrivere l’articolo più chiaro dell’universo sul Papilloma Virus, tale che nessun esperto possa avere qualcosa da ridire. Un articolo tanto ben scritto che nessuno penserebbe di spostare anche solo una virgola. Nel momento esatto in cui l’articolo è letto da un ipocondriaco, tutta la sua funzione
positiva scompare. Ecco che, per questa via, la cosa più sana diventa malsana, la cosa utile diventa dannosa, e ciò che distingue tra il bianco e nero, tra il bene e il male, sfugge al nostro controllo, non è più nelle nostre mani, esso dipende adesso dall’uso.

Storicamente, grande attenzione è stata posta alla costruzione dell’informazione dal punto di vista della produzione. L’epoca attuale, con la moltiplicazione dei canali comunicativi e la disgregazione dei modi in cui le persone intercettano l’informazione, richiede uno spostamento dell’attenzione dalla produzione all’uso dell’informazione.

L’uso più diffuso dell’informazione è il mero consumo. Viviamo nell’epoca del consumo dell’informazione. Le persone tendono a consumare l’informazione sovrapponendola e confondendola con la realtà. Il meccanismo alla base di questo pericoloso processo consiste nel credere che ciò che percepiamo è sempre vero. Questo processo è alla base di un problema cruciale della nostra epoca, quello della disinformazione, delle fake news, delle post verità.

Una notizia falsa, creduta vera, orienta l’azione, diventando vera nei suoi effetti (ad esempio orientando la scelta di un partito politico piuttosto che un altro).
Parafrasando Alfred Korzybski, “la mappa non è il territorio e certamente non è il paesaggio”. La realtà è sempre informazione, l’informazione non è mai la realtà.

E poiché il paesaggio che ci si prospetta per il futuro, se non ci prenderemo cura dell’informazione, è quello delle rovine della nostra civiltà, è cruciale iniziare a creare dei dispositivi di vera e propria formazione all’informazione, che favorendo una migliore intelligence della realtà, rappresentano l’unico antidoto efficace e possibile alla disinformazione e ai seri pericoli ad essa connessi.



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