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Fede, Chiesa e politica. Il coraggio di tentare strade nuove

Nella Chiesa italiana, un po’ in tutto il territorio nazionale, è in corso un articolato processo di riorganizzazione della presenza parrocchiale. Per lo più si procede per accorpamenti delle parrocchie e attraverso una maggiore responsabilizzazione dell’impegno laicale. Ma sono pure tante le esperienze innovative che cercano strade nuove di coinvolgimento dei giovani o di attenzione ai bisogni vecchi e nuovi.

Risulta sempre più evidente però, come la semplice organizzazione sia una cosa buona, ma da sola non sufficiente a dare risposta al tema del ridimensionamento del ruolo della Chiesa nell’attuale società e, più in generale, del perché i contenuti di fede e la pratica religiosa siano ormai condivisi da una minoranza della popolazione.
È un tema delicato e complicato. Forse il tema dei temi dell’Occidente.

Noi riteniamo che il processo di scristianizzazione in corso sia solo un fenomeno transitorio. Che l’uomo riscoprirà ancora il bisogno della fede e del soprannaturale.

E proprio per questo va fatto uno sforzo, prima e soprattutto sul versante culturale, che sta a monte dei comportamenti, per capire quali sono le ragioni che hanno determinato i tratti attuali della modernità e da qui partire per fornire nuovi orientamenti e una nuova direzione di marcia.

È con questo spirito, di ricerca e di approfondimento che provo a portare degli spunti di riflessione, o se si vuole, di offrire un contributo al processo di discernimento non solo a chi è cristianamente ispirato.

Ci rendiamo conto che ciò che sviluppiamo potrebbe essere non politicamente corretto. Ma questo non ci intimorisce. Al contrario, ci conferma che è la direzione che va perseguita.

1. Questo è il tempo che ci è dato di vivere. E non ha senso farsi fagocitare o dell’ottimismo o dal pessimismo.
La nostra storia è ricca di analogie: nella Bibbia, più di uno sono i richiami al disordine imperante. Sul finire del Medioevo, dopo la caduta di Gerusalemme, si prevedeva, fissando pure una data esatta, la fine del mondo. A Torino, alla fine del XIX secolo, più del 50% erano i ragazzi che si perdevano per strada; e San Giovanni Bosco seppe trovare una risposta!

Guai quindi arrendersi. O alzare bandiera bianca. Sì al coraggio di osare. E al coraggio di tentare strade nuove.

2. L’Europa e più in generale l’Occidente sono entrati in cortocircuito.

In pochi decenni hanno espulso dal proprio vissuto le dimensioni dello Spirito e della fede e, catapultati nel secolo delle libertà, concentrate sul libero arbitrio e sull’appagamento dei propri bisogni non hanno saputo darle una declinazione organica e di sintesi.

Il risultato è stato l’emergere di un uomo ripiegato su se stesso. Quasi vittima del superego. Attratto dal vitello d’oro. Finendo con lo smarrire la dimensione comunitaria della vita.
Tutto viene piegato al totem dello “star bene”. Si afferma una morale “Fai da te!”. Gli ideali vengono derubricati a simulacri nostalgici. I principi etici richiamati solo quando confliggono con i propri interessi. E questo ha portato allo sfarinamento della distinzione fra bene e male.

Del male non ci si scandalizza. E quindi non viene contrastato! Si sopporta o si ignora.

3. In che direzione andare quindi? Come riprendere il filo della virtuosità smarrita?

A. Far rivivere una cultura dei valori. Non come semplice e nostalgico ricorso alla riserva dei valori; ma come simbiosi positiva fra natura, spirito e antropologia. Che sappia superare il particolarismo e il frazionismo.

B. Far rivivere la virtuosità dei principi etici e delle testimonianze di fede. Che stanno sopra i singoli. Più in alto dell’individuo. Prima dell’ago.

C. Che il diritto ed i doveri devono procedere assieme. Il primo senza il secondo cade nel libertarismo. Mentre il secondo senza il primo può deragliare nell’abuso.

D. Far rivivere la cultura comunitaria, del fare rete, del sentirsi parte di una squadra. Il dialogo è più che parlarsi. Il dialogo è progettare insieme!  condividere! È costruire insieme! Pericle che non era né cattolico né giudeo, sentenziò: “Un individuo che non si occupa della propria comunità non solo è iniquo ma addirittura inutile.”

E. Far rivivere l’impegno politico come un bene autentico. Il bene viene prima dei beni! La politica è la dottrina dell’organizzazione sociale! Senza di essa non si va da nessuna parte. Estraniarsi da essa non solo è sbagliato, ma pure pericoloso: battersi per la vita democratica è battersi per la dignità della persona umana. Un bene primario.

F. Impegnarsi a costruire un Sistema economico che recuperi, nelle sue finalità, la dimensione sociale del mercato. In particolare: la piena occupazione! La regolamentazione della finanza. La premialità dell’Impresa esposta nel “civile” e nell’ecologia.

G. La Chiesa: e mi limito alla sfera sociale; negli ultimi decenni non solo non ha avuto fiducia nella politica (e poteva avere anche delle ragioni fondate), ma si è fatta prendere dalla ritrosia e dal frazionismo. Ha ritenuto che l’unità sui valori potesse essere la risposta. Ma la cosiddetta “società liquida” ha travolto tutto. Si è attestata nel prepolitico, nell’impegno personale, che sono una cosa buona, ma non sufficiente.

Papa Paolo VI non ebbe tentennamenti nel sostenere che la politica è la più alta forma di carità. La buona politica guida i processi. Armonizza gli interessi. Governa e fa le scelte del caso. Senza di essa non si decide e quindi non si è in grado di orientare la modernità.

Se vogliamo entrare, da protagonisti, nel mundus novus, non si deve temere di andare in mare aperto.

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