A Roma, pochi lo sanno, ci sono le sedi centrali o gli uffici di rappresentanza di una sessantina di organizzazioni internazionali, non – come molti pensano – quasi esclusivamente delle tre grandi organizzazioni agro-alimentari delle Nazioni Unite e di poche agenzie Onu e dell’Unione europea. Ciò rende la capitale (che ospita già due o tre ambasciate di ciascuno dei maggiori Stati – rispettivamente presso lo Stato italiano, presso la Santa sede e presso le Nazioni Uniti) una delle città europee più “internazionali”.
NDC E LA FONDAZIONE
Pochissimi sanno, ad esempio, che Roma ospita dal 1951 un’importante istituzione della Nato (il Nato Defense College, istituto di alta formazione strategica e militare, che la propria sede presso il complesso militare della Cecchignola) e dal 2011 la Nato Defense College Foundation, creata per intuizione dell’ambasciatore Alessandro Minuto-Rizzo, che è stato per sei anni vice segretario generale della Nato. Si tratta di una fondazione senza fini di lucro impegnata principalmente in ricerche e studi, nonché in convegni ed altre iniziative di confronto e riflessione, con accento principalmente sul Mediterraneo, sul vicino Oriente e sui Balcani. La Fondazione si avvale di giovani ricercatori ed è dotata di un Consiglio Scientifico di grande spessore. I lavori della Fondazione sono di grande pregio e rappresentano una fonte di analisi e di informazione importante non solo per gli specialisti di strategie militari ma per studiosi, giornalisti e quelle che un tempo venivano chiamate ‘persone colte’ interessate alle relazioni internazionali ed alla politica estera. È un asset di rilievo che merita di essere valorizzato.
TEMI GEOPOLITICI
La Fondazione ha appena pubblicato un volume (a cura del suo direttore Alessandro Politi) che racchiude parte dei suoi studi. Il volume, che è stato presentato alla Sioi (Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale) è intitolato “Shaping Security Horizons”. Tratta di equilibri geopolitici in rapido mutamento e traccia tendenze strategiche usando l’analisi predittiva. È diretto ai decisori, ai loro staff e alla comunità di esperti che si occupano di questioni internazionali, geopolitiche e strategiche. Il quadro che emerge è quello di un mondo che si avvia verso la deglobalizzazione, in uno scenario di forti tensioni e crisi, provocate da potenze in aperta competizione, dalla paralisi decisionale di alcuni governi, dalle sovversioni interne presenti in vaste regioni e le conseguenti ingerenze straniere. Si ha la fotografia di un mondo che vede un numero sempre più crescente di democrazie soggette a manipolazioni; il rischio di un’ulteriore crisi finanziaria; la lotta per la ripartizione del controllo di Internet; la corsa all’Intelligenza Artificiale; gli effetti del cambiamento climatico e le conseguenze dello squilibrio demografico tra i Paesi sviluppati e i Paesi in via di sviluppo.
Il volume è diviso in tre parti:
I. Un’introduzione predittiva circa le tendenze globali e macro-regionali;
II. Una serie di analisi specialistiche e previsionali per ciascuno dei nove settori degli “Strategic Trends”;
III. Un’appendice composta da 600 pagine che costituisce l’archivio dei “trends” fino a dicembre 2018.
L’archivio è navigabile sia per area/soggetto sia per mezzo dell’’indice analitico. Gli Strategic Trends sono suddivisi nelle seguenti aree: Africa, Balcani, Europa Centrale e Orientale, Asia Centrale, Cina, Sfide Emergenti, Golfo, Indo-Pacifico, Mediterraneo Orientale, Maghreb e Russia. Tra le sfide emergenti sono considerate la guerra informatica, le cripto valute, le nuove tecnologie per il settore della difesa, la sicurezza energetica, l’America Latina, la sicurezza marittima, la migrazione, le minacce Cbrn, la criminalità organizzata, il terrorismo e i traffici illeciti. Il programma degli “Strategic Trends” è stato lanciato dalla Fondazione nel 2012 per fornire ai lettori analisi di sostanza, specialistiche e brevi che prendessero in considerazione lo scenario internazionale nella sua complessità e in preda ai continui mutamenti.