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Trump e von der Leyen. Una relazione complicata?

L’ascesa di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione europea apre significativi scenari nei rapporti tra Washington e Bruxelles. Non trattandosi di un nome di eccessiva rottura rispetto al passato, è abbastanza probabile che le relazioni transatlantiche non miglioreranno poi troppo (almeno nel breve termine). Ciononostante quella che si delinea per ora all’orizzonte risulta una situazione in chiaroscuro.

TRA BRUXELLES E WASHINGTON

In primo luogo, è possibile che vi siano alcuni elementi di convergenza. Il nome del nuovo presidente riscuote simpatie da ampi settori dell’establishment statunitense ed europeo: un fattore che potrebbe rinsaldare i legami tra le due sponde dell’Atlantico. Inoltre, venendo direttamente ai rapporti con la Casa Bianca, si potrebbero registrare alcune consonanze in materia di Difesa. Ursula von der Leyen ha sostenuto di voler mantenere salde le relazioni transatlantiche in materia, mostrando scetticismo verso la proposta di creare un esercito europeo. Proposta, principalmente sponsorizzata dal presidente francese, Emmanuel Macron, e che ha sempre incontrato l’astio da parte di Donald Trump.

GLI OSTACOLI TRA VON DEL LEYEN E TRUMP

Se qualche margine di convergenza tra la presidentessa e l’amministrazione americana sembra dunque esserci, gli ostacoli sul terreno non risultano comunque pochi. Innanzitutto il nome di von der Leyen è strettamente legato a quello della cancelliera tedesca, Angela Merkel, che – notoriamente – si configura come una storica avversaria di Trump. In tal senso, è probabile che – agli occhi dell’inquilino della Casa Bianca – von der Leyen altro non rappresenti se non la continuazione del potere incarnato dall’asse franco-tedesco. Un potere sulla cui sconfitta Trump aveva in buona sostanza scommesso, spalleggiando il fronte sovranista europeo nel corso della campagna per le elezioni dello scorso 26 maggio.

IL FRONTE NATO

In secondo luogo, sempre in quest’ottica, attriti tra le due sponde dell’Atlantico potrebbero registrarsi sul fronte della Nato. Non è del resto un mistero che Trump accusi da anni Angela Merkel di non fornire abbastanza contributi economici all’Alleanza. Quando era ministro della Difesa in Germania, von der Leyen aveva aumentato le spese tedesche in questo senso ma – soprattutto a causa di forti resistenze interne – non era riuscita a raggiungere le soglie richieste dalla Casa Bianca. In tal modo, il settore della Difesa potrebbe paradossalmente rivelarsi allo stesso tempo foriero di convergenza e dissidio nelle relazioni transatlantiche. Sotto questo aspetto, bisognerà quindi vedere come si configureranno i rapporti della nuova presidentessa con la Francia di Macron.

In terzo luogo, von der Leyen ha espresso chiare posizioni a favore di politiche migratorie morbide e del multilateralismo di stampo europeo. Due elementi su cui risulta abbastanza difficile immaginare una sponda con Trump. Il presidente americano ha spesso tacciato proprio la Germania di essere troppo lassista in materia migratoria, accordando – su questo fronte – la propria preferenza alle politiche di leader europei come Viktor Orban e Matteo Salvini. Senza poi dimenticare la propensione del presidente americano per accordi di natura bilaterale (sia in termini commerciali che geopolitici): un approccio che si sta manifestando soprattutto nella questione della Brexit.

I DOSSIER DI URSULA

Insomma, i punti di potenziale attrito tra Trump e von der Leyen non sono affatto pochi. E, in questo contesto traballante, la nuova arrivata dovrà prepararsi ad affrontare i vari dossier commerciali che stanno dividendo attualmente Washington e Bruxelles. Dossier, rispetto a cui Trump manifesta un’ostilità sempre maggiore proprio verso l’asse franco-tedesco. In particolare, sul tavolo compare l’annosa questione Airbus, oltre alla possibilità che la Casa Bianca imponga dazi sulle importazioni di automobili europee. È vero che von der Leyen ha, tra le altre cose, invocato la necessità del commercio equo, uno degli storici cavalli di battaglia del magnate newyorchese. Ma non è detto che una generica dichiarazione possa comportare effettivi passi avanti nelle dispute economiche tra Stati Uniti ed Unione Europea. Una relazione il cui futuro resta profondamente incerto.

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