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Italia non fidarti, Putin ti sta usando. Il monito di Matthew Kroening

“Parlarsi è sempre un bene”. Matthew Kroening, professore alla Georgetown University e Senior fellow all’Atlantic Council, tra i massimi esperti di nucleare al mondo con un lungo trascorso alla Cia e al Dipartimento della Difesa, non boccia a priori la visita di Vladimir Putin a Roma. Da Helsinki, dove è appunto impegnato in un convegno con colleghi russi, l’esperto, presto in libreria con Democracy vs Autocracy (Oxford University Press), spiega la vera posta in gioco della passerella romana andata in onda ieri. Il rischio per il governo gialloverde è di finire attore (inconsapevole?) delle trame geopolitiche del Cremlino. Il feeling di Putin con Lega e Cinque Stelle non inganni, ammonisce, “ha individuato un’opportunità e la vuole sfruttare”.

Kroening, la visita di Putin a Roma è ordinaria diplomazia o ha un peso specifico per l’Italia?

Non mi sorprende che l’Italia voglia dialogare con la Russia. Lo fa anche il presidente Trump, lo fanno esperti, ricercatori e ufficiali americani. Il dialogo è sempre un bene…

Ma?

Ma non deve mai venir meno la consapevolezza della minaccia che la Russia costituisce per le democrazie occidentali e per il mondo basato sullo stato di diritto che l’Italia ha contribuito a costruire in questi decenni.

E in cosa consiste questa minaccia?

Nell’invasione di un Paese sovrano come l’Ucraina. Nel tentativo continuo di indebolire la Nato e interferire nella politica interna delle democrazie. Uno degli obiettivi principali di Putin è dividere l’Occidente.

Perché?

Non sopporta l’idea di vederlo compatto. Per questo cerca di costruire un canale privilegiato con i Paesi occidentali più vulnerabili. La precaria situazione economica fa dell’Italia un candidato ideale.

Putin continua a esaltare la battaglia contro l’establishment della classe media impoverita dalla globalizzazione. È la stessa battaglia che ha dato vita al governo gialloverde.

L’endorsement di Putin per le legittime battaglie delle forze anti-establishment non ha nulla di genuino. Il presidente russo non ha a cuore timori e speranze della classe media americana e tanto meno di quella italiana. Semplicemente scorge in questa nuova ondata di cambiamento un’opportunità per sfruttare a favore dei suoi interessi geopolitici la politica interna di altri Paesi.

Eppure l’Italia continua a stendergli tappeti rossi. E a chiedere, almeno formalmente, la rimozione delle sanzioni Ue.

Gli auspici del governo italiano non sono poi così diversi da quelli dell’amministrazione Trump. Tutti vorrebbero una normalizzazione dei rapporti con la Russia. Prima Mosca deve fare la sua parte. Porre fine all’invasione dell’Ucraina e cessare le violazioni degli accordi di Minsk.

Il governo italiano rischia l’isolamento in Europa?

L’Italia farebbe bene a schierarsi con l’Ue nel confronto del nostro secolo.

Quale?

La sfida lanciata da Paesi autocratici come Cina e Russia allo stato di diritto e alla democrazia occidentale. Da soli non vi si può far fronte. L’arma segreta dell’Occidente è proprio questa: saper costruire alleanze e fiducia reciproca.

A proposito di alleanze, lei si immagina un futuro nella Nato per l’Ucraina?

Difficile se non impossibile, almeno nel breve periodo. Sarebbe un’aperta dichiarazione di guerra a Mosca e nessuno a Roma, Bruxelles o Washington vuole spingersi a tanto. I russi sono tutt’oggi presenti con il loro esercito in Ucraina e finanziano le forze separatiste. Fra dieci o venti anni sarà ipotizzabile e auspicabile l’entrata di Kiev nell’Ue o nella Nato, ma è presto per fare previsioni.

Le tensioni al confine Est rischiano di deflagrare con l’estinzione del trattato Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) fra Russia e Stati Uniti. Siamo alle porte di una nuova corsa alle armi nucleari?

Non siamo alle porte. Ci siamo già entrati dieci anni fa, quando la Russia ha iniziato a giocare sporco violando il trattato Inf e schierando da un paio di anni i missili a medio raggio al confine con l’Europa dell’Est.

Insomma, non c’è speranza di fare marcia indietro?

Il trattato Inf è morto, le chances di salvarlo sono pari a zero. Per il momento gli Stati Uniti stanno effettuando test con armi convenzionali e non hanno alcuna intenzione di schierare nuovi missili al confine europeo. Ma a Washington Dc sono in pochi ormai a sperare che la Russia faccia altrettanto.

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