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Chi è Konstantin Malofeev, il filo (spezzato?) che unisce la Russia di Putin alla Lega

C’è un nome ricorrente nelle pagine che infoltiscono il “Russiagate” italiano. Stando alle inchieste dell’Espresso e di Buzzfeed, ora sfociate in un’indagine della procura di Milano a capo di Gianluca Savoini, storico collaboratore di Matteo Salvini e presidente dell’associazione Lombardia Russia, uno dei più frequenti interlocutori della Lega salviniana a Mosca nei mesi precedenti la trattativa andata in scena lo scorso ottobre all’Hotel Metropol sarebbe Konstantin Malofeev. Quarantacinque anni, barba folta e occhi vitrei, l’oligarca russo ha accumulato nei primi anni 2000 un patrimonio stimato in circa 2 miliardi di dollari tramite il suo gruppo Marshall Capital che gestisce fondi di investimento per l’acquisto e la ristrutturazione di aziende occidentali.

LA PISTA (INTERROTTA) DEL METROPOL

Il coinvolgimento diretto di Malofeev nelle interlocuzioni di ottobre è ancora tutto da provare. Le informazioni a disposizione tracciano un quadro chiaroscurale. I documenti de L’Espresso dimostrano infatti che nel luglio 2018 Savoini era in contatto con una società petrolifera, la Avangard Oil & Gas, che ha sede nello stesso edificio che ospita le sedi legali delle principali società dell’oligarca, a via Novinsky Boulevard 31: la Marshall Capital e Tsagrad Tv. Qui, per ora, si ferma il file rouge che lega i negoziati nella hall del lussuoso hotel al patron russo. “La pista che porta da Savoini agli uffici di Malofeev subirà un rallentamento” scrive Giovanni Tizian.

AMORI (NON) RICAMBIATI

Malofeev resta un interlocutore privilegiato della Lega in Russia, sia pur indirettamente. Nella cerchia di contatti che fanno la spola fra via Bellerio e il Cremlino il suo nome spunta sempre, con puntualità svizzera. La narrazione mediatica lo ha un po’ frettolosamente etichettato come un “vicinissimo” del presidente Putin. Dello “zar” Malofeev è da sempre un pubblico ammiratore. Lo considera il “Katechon”, l’imperatore designato dalla Storia per trasformare Mosca in una “nuova Roma”. Eppure, spiega su La Stampa Gianluca Paolucci, non è per niente detto che il giovane e intraprendente oligarca abbia oggi la benedizione del Cremlino. Anzi.

CHI È KOSTANTIN MALOFEEV

Su di lui molto è stato scritto in questi mesi. Di pubblico dominio c’è la sua popolarità negli ambienti cattolici e ortodossi conservatori in Russia e in Europa. Un vero e proprio guru, che attraverso il consorzio “Tsagrad Group of Companies” rimpingua le casse di decine di organizzazioni caritatevoli russe votate alla promozione dei valori cristiani, compresa la mastodontica charity Saint Basil the Great. Fondazioni e associazioni benefiche non sono l’unica cosa che Malofeev finanzia. Da cinque anni pendono sul suo capo sanzioni individuali Ue e del Dipartimento di Stato Usa con l’accusa di aver elargito risorse e fondi ai separatisti nel Donbas. Misure restrittive che gli hanno impedito di viaggiare per il Vecchio Continente, ma non certo di interessarsene.

LA RETE EUROPEA

Nel 2015 la testata Mediapart aveva rivelato un suo coinvolgimento diretto per agevolare un prestito di 9 milioni di euro al Front National di Marine Le Pen tramite la First Czech Russian Bank e di altri due milioni tramite una società cipriota, la Vernosia Holdings. Il suo nome rispunta ovunque nel caso Savoini. Con Salvini, ha raccontato a La Stampa l’imprenditore Bruno Giancotti, da anni facilitatore dei rapporti fra via Bellerio e Mosca, Malofeev ha avuto solo sporadici incontri, circondati da un certo riserbo. Il leader leghista sa delle sanzioni che incombono sull’oligarca, e ha sempre preferito evitare photo opportunity. D’altronde, come ha spiegato al quotidiano torinese Michael Carpenter, direttore per la Russia al Consiglio per la Sicurezza Nazionale con Barack Obama alla Casa Bianca, “avere rapporti con Malofeev per gli Usa è come essere amici di Assad in Siria o di Maduro”.

IL FILO CON LA LEGA SALVINIANA

Di rapporti l’oligarca russo invece ne ha con altri papaveri del Carroccio. Con Savoini c’è un legame di amicizia nato anni fa negli studi di Tsagrad Tv, la “Fox” in salsa russa fondata dall’oligarca per dare voce al mondo ultraconservatore, con un certo successo. Lo stesso vale per Claudio d’Amico, 54 anni, ex parlamentare leghista, consigliere “per le attività strategiche di rilievo internazionale” del vicepremier Salvini, presente due anni fa quando a Mosca, nel marzo 2017, venne siglato un accordo di diretta collaborazione fra la Lega e il partito di Putin Russia Unita.

Qui arriviamo al terzo contatto di Malofeev con l’universo che circonda via Bellerio. Alexey Komov, considerato il braccio destro dell’oligarca (lui nega fermamente), presidente onorario dell’associazione Lombardia Russia e ambasciatore russo al World Congress of Families, già nel dicembre 2013 si aggirava come relatore al congresso al Lingotto di Torino che ha incoronato Salvini segretario dell’allora Lega Nord.

IL RETROTERRA CULTURALE

A unire il mondo leghista al tycoon russo c’è più di qualche intermediario. A far da collante c’è infatti un substrato culturale ricorrente nella narrazione “russa” della Lega. La difesa dei valori cristiani dal decadentismo occidentale, la critica severa alla dottrina libertaria sui diritti civili. E poi l’idea di una Russia chiamata, sotto la guida di Putin, a farsi carico del retaggio culturale e religioso europeo e a tornare protagonista sullo scenario internazionale. Di queste battaglie Alexandr Dugin, filosofo e saggista, ideologo della nuova “Eurasia”, è ancora oggi massimo profeta. Il pensatore russo è legato a doppio filo alla Lega e Malofeev. È presidente onorario dell’associazione Piemonte-Russia (gemella di quella presieduta da Savoini e Komov) ed è un indiscusso punto di riferimento per i sovranisti nostrani, ultimamente molto presente anche in Rai. Dugin è altresì ospite fisso di Tsagrad Tv e del sito di Katehon, think tank fondato e finanziato da Malofeev.

LO SCETTICISMO DI MOSCA

Che Malofeev sia una personalità di grande influenza in Russia è fuor di dubbio. È uno degli uomini più ricchi del Paese, e la sua popolarità nel mondo ultraconservatore cattolico e ortodosso è in netta crescita. Non bisogna invece dare per scontato che la rete russa della Lega, di cui, abbiamo visto, l’oligarca costituisce un perno non indifferente, abbia la benedizione di Putin e dei suoi più stretti collaboratori al Cremlino. Il ruolo giocato da Malofeev nel Donbas, scrive Paolucci su La Stampa, non lo ha messo in buona luce con il governo russo, che accusa oggi l’impatto delle sanzioni occidentali legate a quelle operazioni. Non è un caso che i media governativi russi abbiano dedicato scarsissima attenzione alle vicende della “cerchia russa” della Lega all’hotel Metropol, rifiutando di cimentarsi in una difesa d’ufficio del Carroccio. “Dopo decine di storie sulle interferenze russe in America e nella politica interna europea, la gente in Russia è esausta – spiega a Formiche.net Ivan Kurilla, professore di Relazioni russo-americane all’Università europea di San Pietroburgo – alcuni qui la considerano un altro esempio di paranoia, altri si sono convinti che la Russia abbia interferito ovunque, quindi dove sarebbe la novità?”.

 

(Foto: Financial Times)



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