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Panda bond made in Italy? Pechino dice sì. Ma i dubbi rimangono

Dopo le anticipazioni del ministro dell’economia Giovanni Tria, è arrivata la conferma. La Banca Popolare Cinese ha autorizzato Cassa depositi e prestiti a emettere titoli di debito denominati in renminbi, i cosiddetti Panda Bond, i cui proventi serviranno a finanziare l’internazionalizzazione delle imprese italiane nella Repubblica popolare.

ITALIA/CINA

Cassa Depositi e Prestiti, in collaborazione con Bank of China, ha in programma di collocare titoli per 5 miliardi di yuan, pari a circa 650 milioni di euro. Quattro mesi esatti dopo la visita di Xi Jinping in Italia e l’adesione di Roma alla Via della Seta, prende dunque ufficialmente il via un’operazione di cui si parla da mesi, che di fatto rafforza la collaborazione finanziaria tra Italia e Cina, nonostante i forti dubbi degli esperti (qui l’intervista di pochi giorni fa all’economista Alberto Forchielli).

L’OBIETTIVO

L’obiettivo della Cina è quello di internazionalizzare la sua valuta nazionale, rendendola un’alternativa al dollaro.  Le risorse serviranno a finanziare l’internazionalizzazione delle imprese italiane nella Repubblica popolare, grazie a un’operazione che rientra nella più ampia strategia di sostegno alle aziende che guardano alla collaborazione con la Cina e a opportunità di business lungo la Via della Seta.

I DUBBI DEGLI ESPERTI

Tecnicamente la Cassa depositi e prestiti è fuori dal perimetro della pubblica amministrazione, quindi i titoli che emetterà non sono classificabili come debito pubblico. Rispetto agli altri Paesi europei che l’hanno preceduta perciò il passo dell’Italia è più prudente. Questo però non impedito a esperti come Forchielli di esprimere forti dubbi. “Ad essere onesti mi pare solo un’operazione di facciata, che non porta effettivi vantaggi. Non siamo, in Cina, alle prese con una fase espansiva e dunque francamente non so cosa potrebbero farsene le imprese italiane in Cina di questi soldi. Siamo dinnanzi a un mercato che non è mai decollato, non è mai partito. Anche il Portogallo ne ha fatto uso, ma con quali vantaggi?”

 

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