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Il papa della fratellanza per un’ora con Putin. Il valore del dono

Quando i capi di Stato o di governo si recano in visita in Vaticano si dedica sempre una stucchevole attenzione alla cerimonia degli scambi dei doni. Ma a guardar bene dietro la forma, sovente in effetti noiosa, molte volte la sostanza è alla portata di chiunque voglia vedere. Ed è una sostanza che conta. In occasione della visita in Vaticano ai tempi di papa Benedetto, il monarca saudita Abdullah portò come dono la celebre scimitarra simbolo del suo regno. Oltre al valore dell’oggetto, considerevole, spiccava il valore simbolico del dono: basta considerarsi nemici, o mai più guerra tra di noi! Questo vuol dire donare la propria spada all’altro, di certo un fatto chiaro nel simbolismo proprio dell’anziano monarca di cultura e tradizione beduina.

IL VALORE SIMBOLICO DEL DONO

Ora Papa Francesco riceve il presidente russo Vladimir Putin e gli dona una copia della dichiarazione sulla fratellanza che ha firmato ad Abu Dhabi con l’imam di al-Azhar, Ahmad Tayyeb. Anche qui il significato e il valore simbolico del gesto è tanto forte quanto evidente: tormentati da secoli dall’essere “minoranze protette”, prima dal Sultano che li considerava cittadini di serie B in quanto non musulmani da proteggere però perché non politeisti e poi dalle grandi potenze europee che li consideravano qualcosa di simile alle loro quinte colonne, i cristiani del Medio Oriente o hanno questa strada, quella della protezione, per eternizzare un passato di sofferenza e minorazione, o hanno l’altra strada, quella della piena cittadinanza.

La Chiesa cattolica, con l’impegno univoco dei suoi papi post-conciliari, ha perseguito con fermezza questa strada, fino a che Papa Francesco l’ha resa una strada non più soltanto cattolica, ma condivisa con la massima autorità islamica, proprio grazie al testo che il papa ha firmato con l’imam di al Azhar il 4 febbraio scorso e che indica la proprio la strada della comune e pari cittadinanza. Dunque ora quel testo, fortissimo e dirompente per tutto il mondo arabo, che lo attendeva da decenni soprattutto per quello che divenire cittadini vorrebbe dire per i giovani, le donne, i dissidenti, gli attivisti dei diritti umani, oltre alle attuali minoranze religiose, è nelle mani del presidente che viene identificato con l’affermazione della posizione inversa, quella della protezione dei cristiani del Medio Oriente, da parte della sua Russia. Ma in un Paese dove esistono i cittadini, tutti i cittadini sono protetti nei loro diritti, compreso quello di manifestare liberamente la propria fede e praticare il proprio culto, non da potenze straniere, ma dallo Stato.

LE PAROLE DELLA CHIESA ORTODOSSA RUSSA

Il valore di questo dono si evince dalle parole, rilasciate immediatamente via Telegram, dai vertici della Chiesa ortodossa russa, che sembra aver trattenuto il presidente russo dall’invitare il papa a Mosca, come era stato ventilato da ambienti del Cremlino. “Il Vaticano e la Russia hanno posizioni simili su una serie di questioni, considerando importante sostenere i valori tradizionali del matrimonio, della famiglia, proteggere i cristiani nelle regioni in cui sono perseguitati”.

IL SOTTILE GIOCO POLITICO

La parola proteggere rende evidente il sottile gioco politico: il Vaticano certamente ritiene che i cristiani perseguitati vadano protetti, ma non ritiene che la protezione straniera sia il sistema politico che ne eviterà la persecuzione. Piuttosto è l’abbandono dell’idea di minoranza religiosa, e quindi la costruzione di Stati costituzionali, a Mosca forse direbbero “liberali”, la strada da perseguire. Dopo secoli di teologia incartapecorita, la firma dell’imam al- Tayyeb in calce a quel documento ha segnato una svolta epocale, o almeno l’annuncio di una nuova era da costruire. Il testo moscovita però, rilasciato nell’urgenza di commentare sebbene in assenza di un comunicato vaticano, evidenzia poi un contenimento del cristianesimo all’interno di un dottrinalismo che non parla proprio a tutti. Davanti all’enormità dell’agenda ipotizzata anche da fonti russe, questione ucraina, questione venezuelana, questione siriana, c’è solo una certa agenda morale a unire Mosca e Vaticano? Agli sfollati, agli esiliati, ai bambini senza cibo, senza scuole, senza futuro, agli anziani abbandonati, ai ricoverati senza farmaci?

IL COMUNICATO DEL VATICANO

Il comunicato finale del Vaticano oltre a confermare che non c’è stato alcun invito a Mosca, si sofferma sui rapporti bilaterali, migliorati dalla firma del protocollo tra l’Ospedale Bambino Gesù e gli Ospedali pediatrici della Federazione, elencando poi le tre aree di crisi di cui si è parlato. I volti di Papa Francesco e di Vladimir Putin però confermavano agli obiettivi e alle macchine fotografiche presenti che sul tavolo c’erano le sofferenze di tanti, le paure di tantissimi, e la speranza del Vaticano che ognuno voglia fare la sua parte per ricostruire la fratellanza che tutti accomuna.



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