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È partita la lunga volata tra Renzi e Zingaretti

Le parole sono importanti, tuonava in “Palombella rossa” Nanni Moretti. E non suonano certo casuali le frasi di Nicola Zingaretti oggi all’assemblea del Pd all’Hotel Ergife di Roma: “Dico no al modello Salvini: il comando assoluto di una persona è la premessa della sua solitudine e della sua sconfitta: credo a un partito che sopravviva ai suoi leader. Serve un partito radicalmente nuovo, una comunità organizzata”. Si parla a nuora affinché suocera intenda.

Così come non è stata certo casuale la data scelta da Matteo Renzi per l’incontro a Milano con i suoi comitati civici. Meno di 24 ore prima dell’Assemblea del partito cui lui oggi non ha partecipato. Quel che doveva dire, l’ha detto dal palco del teatro dell’Elfo. Ha fatto passare pochi concetti ma chiari. Sia interni: “Ci stiamo provando a riprenderci il partito”, e anche “o torniamo a dettare l’agenda, o non vinceremo mai più”. Sia rivolti all’esterno, con dichiarazioni comunque improntate al riconoscimento di Salvini come avversario da battere. Sempre nel nome della vocazione maggioritaria che resta irrinunciabile per l’area che fa riferimento all’ex presidente del Consiglio. “Non credo che la Lega abbia avuto quei 65 milioni. Ma gli uomini di Salvini i soldi li hanno chiesti, e a una potenza straniera. Perciò li accuso di tradimento e chiedo glasnost al tovarish Salvini”. Lo schema renziano resta quello dell’uno contro uno.

ANCHE IL LESSICO È DIVERSO

Anche il lessico è diverso, decisamente. Zingaretti parla di una “rivoluzione, o non ce la facciamo a svolgere il nostro ruolo”, dice. “Non si può andare avanti con un partito che è un arcipelago di luoghi in cui si esercita in modo disordinato la sovranità. Il regime correntizio appesantisce e soffoca tutto. Ci sono realtà  territoriali feudalizzate, che si collocano con un leader o con un altro a prescindere dalle idee, solo per convenienza. C’è ancora un prezioso patrimonio di militanti”. E arriva alla riforma del partito, “necessaria perché oggi lo strumento che abbiamo non è utile allo scopo di rappresentare l’alternativa a questo governo pericoloso”.

Il punto è la riforma dello statuto, con l’obiettivo di sdoppiare le figure di segretario e candidato premier. Quindi stracciare – per dirla alla Matteo Orfini – lo statuto renziano. La commissione sarà diretta da Maurizio Martina. Quindici i componenti: Anna Ascani, Valeria Baglio, Caterina Bini, Giulio Calvisi, Stefano Ceccanti, Chiara Luisetto, Simona Malpezzi, Matteo Mauri, Roberto Montanari, Emma Petitti, Teresa Piccione, Mario Rodriguez, Chiara Scuvera, Stefano Vaccari e come invitato permanente (in quanto presidente di una precedente commissione) Matteo Orfini.

LA LUNGA VOLATA

Zingaretti stende un elenco di priorità, parla di un lavoro di ascolto del territorio, dei ceti produttivi, di imprenditori e lavoratori per mettere a punto il Piano Italia, un vero e proprio programma da sottoporre ad elettori e alleati nel corso di una tre giorni bolognese, dall’8 al 10 novembre.

La lunga volata è appena cominciata. Di fatto, l’ha lanciata Renzi una settimana fa con la sua lettera a Repubblica e le accuse sulle politiche migratorie di Gentiloni e Minniti.

La controrisposta dei renziani al discorso di Zingaretti arriva a stretto giro. Anna Ascani interviene così dal palco dell’Ergife: “Serve un’agenda vera, non una lista della spesa. Servono tre proposte, tre priorità su cui martellare: l’ambiente che è l’emergenza numero uno. Secondo, la scuola. Terzo, il lavoro e la riduzione delle tasse sul lavoro”. Ovviamente difende lo statuto e fa riferimento all’intervista di Martina in settimana a Repubblica: “Le primarie sono uno strumento indispensabile cui il Pd non può rinunciare. Spero che Martina abbia espresso sue opinioni. Se sono le conclusioni allora non vale la pena lavorarsi sopra”.

GLI APPLAUSI PER SASSOLI

Tra i più applauditi all’Ergife, se non il più applaudito, c’è il neopresidente dell’Europarlamento David Sassoli: “Dobbiamo riprendere a fare politica, come sta facendo il Pd con Nicola Zingaretti insieme a tutti voi, non per addestrarci a sopravvivere, ma per consentire a donne e uomini di incontrarsi, scommettere sul proprio destino, difendere la propria autonomia. Attrezziamoci, mettiamo nello zaino le cose indispensabili, abbandoniamo il superfluo perché il cammino è in salita e c’è bisogno di fiato”.

Le schermaglie sono appena cominciate. Lo scontro avverrà con l’esito delle prossime regionali in Umbria, Calabria e soprattutto Emilia Romagna.


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