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Perché i tradizionalisti preferiscono Assad al papa

Gli atti di accusa dei “tradizionalisti cattolici” contro papa Francesco non fanno più notizia, sono tantissimi, su tutto. Vanno dai migranti alla famiglia, dall’Amazzonia alla pedofilia, solo per citare i più noti. Inutile scendere nel dettaglio dell’attacco che ha toccato anche il riassetto dell’Istituto Giovanni Paolo II, colpa – sarebbe opportuno parlare di merito, ma per loro è una colpa- di monsignor Vincenzo Paglia. Ma l’attacco a trazione tradizionalista a Papa Francesco sulla Siria merita un approfondimento perché probabilmente tocca un nodo difficile da capire e da dire, ma fondamentale. Riguarda l’essenza stessa dell’essere cristiani, e l’antisemitismo.

Che prima del Concilio Vaticano II ci fosse un diffuso pregiudizio contro gli ebrei, testimoniato dalla preghiera “per il perfido giudeo”, è noto. Con la dichiarazione conciliare Nostra Aetate il Concilio seppe però non solo chiudere quella pagina, ma aprirne una tutta nuova, fatta di reciproca stima e fratellanza. Tutto questo ha significato finalmente riconoscimento della libertà religiosa e quindi dialogo anche con le altre grandi religioni, cominciando dal terzo monoteismo, l’Islam. I tradizionalisti, che rifiutano l’idea di libertà religiosa, hanno espresso posizioni anche estreme, come la famosa intervista negazionista dell’Olocausto di un loro vescovo ordinato illegittimamente quando furono scomunicati, monsignor Richard Williamson.

Questo dato di fatto si accavalla ad un’evidente islamofobia, come testimonia la storia recente. Forti di queste due tendenze attaccano Papa Francesco per la lettera che ha scritto al presidente siriano Assad. Una lettera che, per quanto sappiamo, appare tanto naturale quanto necessaria, visto che implora la tutela dei diritti umani internazionalmente garantiti in zona di conflitto della popolazione civile. A Idlib, nel nord della Siria, questi civili sono tre milioni. Non hanno nulla a che fare con i jihadisti che il regime vi ha trasportato in tutta sicurezza dalle zone che ha riconquistato, tutti lì. No: loro ne sono vittime, come sono vittime dei bombardamenti che quotidianamente il regime siriano e i russi effettuano contro la popolazione civile, colpendo anche gli ospedali e distruggendo intere campi coltivati, aggravando le già insopportabili condizioni di vita. Che il Papa abbia ritenuto di scrivere in nome e per conto di questi diseredati sembra ovvio, scontato.

Non per i tradizionalisti, che dal blog Messa in latino lo accusano di essersi schierato, di fatto, con i “tagliagole”. Bambini, madri disperate, tutti “tagliagole”? Tre milioni di “tagliagole”? Leggiamo. Scrive il blog Messa in Latino dopo aver ammesso che il regime effettivamente ha violato i diritti umani, perché la guerra è guerra: “dall’altra parte però, e Bergoglio lo deve sapere, ci sono le forze del male, i tagliagole, gli stupratori, gli attentatori …”. È strano per un sito tradizionalista rivolgersi al Papa non come Santo Padre, ma come Bergoglio, e questo dice qualcosa sulla sostanza del tradizionalismo.

Ma al di là di questo nessuno sa di una parola in difesa delle milizie armate da parte del papa, ma come il regime anch’esse combattono contro la popolazione civile. Basti ricordare che a Idlib sono stati portati un milione e cinquecentomila sfollati siriani che il regime non ha voluto che rimanessero nelle aree che ha riconquistato benché non avessero preso le armi ma solo perché sono poveri e di confessione sunnita, e quindi sgraditi al regime. Il loro transfer è avvenuto su mezzi molto meno confortevoli di quelli riservati ai jihadisti che nel corso degli anni sono stati tutti trasferiti a spese del regime nella fascia che doveva essere smilitarizzata a Idlib. La guerra di Idlib è a costoro o è ai civili? E se fosse vera la prima ipotesi come mai i catasti di tante città siriane sono stati bruciati dopo la riconquista governativa? Come potrebbero i profughi fuggiti all’estero o gli sfollati tornare a casa se non hanno più i titoli di proprietà delle loro abitazioni, delle loro terre?

La critica a papa Francesco di diversi ambienti vicini al mondo tradizionalista ed espressa dal blog Messa in Latino va spiegata, visto che vi si scorge un orientamento chiaro, quello di chi rifiuta il Concilio. E qui si nota un’importanza assonanza: il presidente Assad, sebbene non sia cristiano, certamente non apprezza la svolta conciliare. In occasione della visita di Giovanni Paolo II a Damasco ebbe l’ardire di accusare gli ebrei di deicidio. Passato troppo in sordina nelle cronache del tempo questo episodio non è fortuito, ma fa luce sul ruolo che il fondatore della dinastia degli Assad, Hafez, assegnò da subito a un efferato gerarca nazista, Alois Brunner, che forte della sua esperienza lavorò quale consulente del regime nella ideazione, creazione e gestione degli apparati di sicurezza, tantissimi, tutti in concorrenza tra di loro e tutti legati direttamente al capo. C’è dunque a Damasco un terminale culturalmente perverso, che ha sempre trovato sostegno almeno in pezzi del regime, come dimostra la storia e il simbolo del Partito Social Nazionale Siriano, schieratissimo con gli Assad.

Ecco che la guerra siriana consente di vedere da vicino alcuni tradizionalisti di quel mondo: si arriva facilmente a un archimandrita formatosi in ambienti tradizionalisti come la Fraternità Sacerdotale San Pietro. Nel 2012 sostenne che i ribelli dall’interno di Homs bombardavano le Chiese, nonostante che i bombardamenti più evidenti fossero quelli effettuati da fuori Homs, dall’esercito siriano. Di chi si tratta? Il quotidiano francese La Vie ci ha aiutato a inquadrarlo, ricordando che lui, Philippe Tournyol de Clos, manifestò a Parigi nel novembre del 2011 contro uno spettacolo dell’italiano Castellucci insieme ad altri lefebvriani, ai salafiti (sovente contigui al terrorismo) francesi di Forsane Alizza e a gruppi antisionisti filoiraniani. Come lui, ma in un carmelo libanese vicino alla stessa Fraternità si è formata la suora che si fa chiamare Madre Agnese de La Croix, al secolo suor Fadia Lahham. Definita da alcuni la pasionaria di Assad, divenne celebre per la citazione che le riservò all’Onu il ministro degli estero russo, Lavrov, quando si trattò di sostenere che i ribelli si erano autogassati alla Ghouta, nell’agosto del 2013. Certo, si può pensare che abbia commesso un errore di valutazione, dei report dell’Onu non si sapeva. Chissà se non avrà notato neanche il carattere di alcuni siti con i quali ha collaborato, come Plumeenclume.org, che ha ospitato testi del negazionista Robert Faurisson.

Le polemiche sui rapporti con questi ambienti hanno riguardato anche l’Italia, non solo la Francia. Qui infatti si è parlato di un’altra suora per alcune fotografie con attivisti di Casa Pound. Lo sapeva? Lei dice di no, ma meritava attenzione non per loro, ma per questa affermazione: “Il Presidente, il popolo e l’esercito sono la nostra trinità”. Sembra la sintesi di quel cristianesimo nazionale e nazionalista, religione secolare nel senso che divinizza l’autorità politica, che oggi fa tanto discutere.
Dunque quel cristianesimo nel quale si possono ritrovare queste pulsioni ovviamente non apprezzerà Papa Francesco e la sua rappresentazione del conflitto. Sono ambienti divenuti influenti anche per l’opera di imprenditori affluenti, non necessariamente appartenenti a gruppi ecclesiali organizzati, ma certamente cristiani, come George Haswani, melchita, inserito nella lista nera dell’Unione Europea per l’intermediazione petrolifera svolta tra il regime siriano e l’Isis. Haswani questo lo nega, ma ha dichiarato che nella fase terminale del sequestro le suore sono state alloggiate nella sua villa in virtù del suo ruolo di mediatore, in contatto diretto con il presidente Assad. Dal momento del rilascio, anni fa, la badessa di Maalula però non ha mai potuto parlare con la stampa, e a capo delle convenutali è stato posto un priore. Il muro di impenetrabile silenzio che circonda la loro storia contraddice il risalto che ebbe il loro sequestro. Della badessa si sono addirittura perse le tracce, qualcuno dice che sia o sia stata in solitudine, a Damasco.

La scelta di papa Francesco è quella di parlare anche nel Medio Oriente con il linguaggio della Dichiarazione Nostra Aetate, del Concilio, della fratellanza. Una scelta apprezzata da tanti cristiani di Siria come da tanti musulmani siriani. Il numero delle vittime musulmane dell’Isis, donne, anziani, bambini, ragazzi, il numero dei genitori che hanno osato sfidare i corsi di indottrinamento dell’Isis dei loro figli mandandoli in segreto dai vecchi insegnanti di religione, indica che dire che dall’altra parte ci sono le forze del male è un errore che non ci possiamo permettere. Purtroppo capovolgere la storia è sempre un errore. Si dice sempre infatti che Assad abbia difeso il suo Paese dall’invasione di jihadisti stranieri. Eppure i jihadisti stranieri che combattono con lui sono molti di più dei primi. Si tratta di Jaysh ash Shaabi, Liwa’ Abu Fadl al Abbas, Kataeb Sayyed ash Shuhada, Liwa Dhu l Fiqar e Liwa’ Ammar ibn Yassir. Organizzazioni sciite irachene addestrate dai libanesi di Hezbollah e dai passarne iraniano questi gruppi hanno combattuto a fianco delle Forze paramilitare di “difesa nazionale”: nell’insieme sarebbero stati anche più di 50mila. Anche il patriottismo davanti alla realtà dovrebbe traballare. Ma il vero punto posto da Papa Francesco è quello di ricostruire la fratellanza anche nelle terre arabe, sulle macerie ideologiche di panarabismo e panislamismo.

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