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Perché scommettere sulla relazione speciale con gli Usa. Lo spiega Giorgetti

Mentre si sta svolgendo la delicata visita di Vladimir Putin a Roma, il sottosegretario della Lega alla presidenza del consiglio Giancarlo Giorgetti ha commentato insieme ad altri illustri relatori la strategia di Donald Trump in Italia. L’intervento si è svolto in occasione della presentazione romana del volume “La visione di Trump” del professor Germano Dottori, il saggio che il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha portato con sé in viaggio a Washington e che analizza la strategia trumpiana a 360 gradi.

LE PAROLE DI GIORGETTI

Secondo il sottosegretario, la spinta naturale che l’Europa occidentale avverte nei confronti dell’America è “un fatto emotivo”, che non si modifica con i cambi di presidenza. Trump sarebbe, inoltre, “l’indice di un processo di rivoluzione politica che sta attraversando il mondo e che si esemplifica con numerosi episodi” di cui il più movimentato è sicuramente la Brexit. Per Giorgetti, infatti, la Brexit rappresenta “un terremoto per l’Unione Europea ma una grande opportunità per l’Italia”, che al momento concorre da un punto di vista geostrategico per diventare il principale interlocutore di Trump in Europa. Ancora su Trump, il sottosegretario ricorda “quando andammo in visita a Washington prima delle primarie scorse ci sconsigliarono di incontrare Trump, perché avrebbe messo in crisi un eventuale dialogo con il futuro candidato repubblicano”. Il candidato, alla fine, fu proprio Trump, che al leghista a primo impatto sembrò già un leader carismatico in un “mondo in cui non ci sono leader”.

LA POLITICA DI TRUMP

Giorgetti descrive l’approccio “trumpiano” come composto di “idee fanciullesche ma chiare, che arrivano direttamente al popolo”, con una “visione realista prevalente, e dinamiche profonde ben lontane dalla visione intellettuale e “snob” delle élite politiche più vecchie”. Trump ha coraggio da vendere, secondo il sottosegretario alla presidenza, perché si fa “interprete di un nuovo percorso di stabilizzazione dei rapporti con la Russia, andando contro quella che è l’opinione maggioritaria all’interno dei Palazzi a Washington”. Non manca certamente l’identificazione di un nemico dei valori americani e delle libertà fondamentali, che però il tycoon “identifica nella Cina e nel progetto di egemonia globale di Pechino”. Non è un’inimicizia insormontabile, come non lo è stata quella dai toni sprezzanti con leader nordcoreano Kim Jong Un – “di recente segnata dal primo passo nella storia di un presidente americano in Corea del Nord” – ma una crisi che non chiude porte a futuri negoziati e trattative. Trump, per Giorgetti, “è un uomo certamente divisivo come solo un vero politico può essere” uno che attraverso i nuovi ideali protezionisti e conservatori (o jacksoniani, come afferma l’autore del volume: Germano Dottori) “si inserisce perfettamente nella storia”. Se negli ultimi tempi, infatti, “il politicamente corretto ci ha imposto globalizzazione e liberismo come impossibili da abbattere” ad oggi potremmo dire che stiamo entrando “in una nuova fase in cui la scelta protezionista non è più così lontana”.

LE PROVE D’AMORE

Sull’Unione Europea, il sottosegretario è molto severo nel chiedersi “Come può partecipare alla partita globale nel momento in cui è incapace di prendere decisioni importanti con rapidità?” e nell’affermare che “l’Europa in una situazione di stallo che (al momento) non riesce né ad andare avanti né ad andare indietro”. In quadro di crisi, tuttavia, l’Italia può candidarsi come principale alleato americano nell’Unione, per provare a dare vita ad un “rapporto privilegiato con Washington che può essere strategicamente interessante”. In un certo senso, per avere un rapporto simbiotico con gli Stati Uniti all’Italia verranno richieste delle “prove d’amore”, in particolare sui dossier più spinosi, come quello di oggi, con la visita di Putin, ma soprattutto quello che concerne la partecipazione della Penisola all’iniziativa Belt and Road. “Non è facile”, conclude Giorgetti, “perché noi italiani siamo storicamente abituati a dialogare con tutti”, tuttavia “questa opportunità, in questo preciso momento storico, può di certo rappresentare la collocazione più azzeccata per il nostro Paese”.



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