Il decreto che rafforza il Golden power anche per le reti sarà convertito e diventerà legge. Così il vice presidente del Consiglio Matteo Salvini, intervenendo a un convegno sul 5G nazionale e i suoi impatti sulla sicurezza organizzato da Fino a prova contraria, l’associazione presieduta da Annalisa Chirico, ha replicato ai timori dei giorni scorsi relativi al fatto che il testo potesse decadere, causando non pochi problemi.
Parole, quelle del leader della Lega, dette non a caso alla presenza del prefetto Gennaro Vecchione, direttore generale del Dis (il dipartimento che coordina le agenzie di intelligence italiane) e del generale Francesco Vestito, comandante del Centro interforze operazioni cibernetiche della Difesa.
IL CASO
La comunità di esperti e addetti ai lavori della sicurezza, aveva ricostruito Formiche.net nei giorni scorsi, si era particolarmente allarmata quando, durante la prima seduta in Senato per la conversione del decreto che interviene modificando alcuni aspetti tecnici del Golden Power per il 5G (ma non solo), il pentastellato sottosegretario alla presidenza del Consiglio Vincenzo Santangelo aveva detto che il provvedimento sarebbe stato fatto decadere alla scadenza dei 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ovvero nella prima decade di settembre.
I cambiamenti introdotti dal decreto – che modifica misure di controllo, poteri di veto, obblighi di notifica e di istruttoria – sono infatti considerati cruciali. Ad esempio il testo eleva da 15 a 45 giorni il periodo durante il quale, ai fini dei poteri speciali, il governo può esercitare un eventuale veto o l’imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni anche su determinata componentistica. Quindici giorni sono considerati troppo pochi per analizzare qualsivoglia apparato, tanto più in assenza di una struttura nazionale come il Centro di Valutazione e Certificazione Nazionale, il Cvcn, non ancora operativa. E se la conversione del decreto saltasse, è questa la situazione che si dovrebbe fronteggiare.
LE PAROLE DI VECCHIONE
Per il dg del Dis Vecchione, data la crescente pervasività e rilevanza della tecnologia in ogni ambito, è necessario apprestare misure e procedure idonee a garantire i necessari standard di sicurezza. Tra queste il capo del Dipartimento ne ha indicate alcune: elevare i livelli di protezione dei possibili ‘punti di attacco’, l’individuazione chiara di tutti i soggetti (sono circa 500 gli ‘Ose’, vale a dire gli Operatori di servizi essenziali) che svolgono una funzione fondamentale, “il cui blocco può creare danno a funzioni essenziali dello Stato” e uno “scrutinio tecnologico” al quale devono essere sottoposti tutti i prodotti che vengono utilizzati – hardware e software – prima di ricevere l’idoneità. “Lo fanno tutti a livello europeo”, ha aggiunto, e lo faremo anche noi”.
IL SEGNALE DI SALVINI
Salvini ha inteso dunque lanciare un segnale forte, rivolto sia all’ambito interno sia a quello internazionale. Da un lato le parole del leader della Lega rappresentano un Alt chiaro alla possibilità che il Movimento 5 Stelle, fautore di una ‘special relationship’ tra Roma e Pechino, e sempre molto sensibile alle istanze di un colosso cinese come Huawei (che ha pubblicamente criticato il nuovo Golden Power), possa in qualche modo ostacolare l’approvazione del provvedimento.
Dall’altro le parole del vice premier inviano un messaggio chiaro e rassicurante anche oltre i confini della Penisola, in particolare a Washington, dove le preoccupazioni per la possibile penetrazione di aziende tecnologiche della Repubblica Popolare nelle nuove reti 5G occidentali è, da diversi mesi, particolarmente elevata.