Il vicepremier italiano, Matteo Salvini, ha ricevuto questa mattina in prefettura a Milano il premier del governo di accordo nazionale libico, Fayez Serraj, in un incontro che è stato tenuto riservato e non comunicato dai canali ufficiali del leader leghista e del ministero dell’Interno. Sebbene il suo interlocutore diretto sarebbe il presidente del Consiglio, ora Serraj incontra Salvini – così come lo ha incontrato una delegazione di prim’ordine – perché vede in lui l’uomo che veicola con più influenza le dinamiche del governo attuale e forse anche di quello futuro.
E questo anche perché siamo nel momento di maggiore vigore dell’iniziativa di difesa di Tripoli, e controffensiva, partita per contrastare il tentato scacco sulla capitale provato a inizio aprile dal signore della guerra della Cirenaica, Khalifa Haftar. Nei giorni scorsi, le milizie di Misurata che sono intervenute a sostegno di Tripoli per liberare la Tripolitania dall’invasione haftariana, e consequenzialmente a sostegno di Serraj, hanno conquistato l’altopiano di Gharyan, una postazione tattica utilizzata dai soldati dell’autoproclamato Feldmaresciallo dell’Est per coordinare l’attacco alla capitale. Ora i misuratini chiedono di partecipare direttamente ai tavoli del negoziato, senza essere rappresentati da Serraj, perché sentono di essere stati gli autori della vittoria sul campo.
CHE COSA SI SONO DETTI
L’incontro del premier libico con Salvini è ruotato – secondo fonti che da Misurata ci hanno fornito un background – su tre temi. Primo, il controllo politico del Paese collegato alla gestione dei flussi migratori: argomento che il ministro italiano ha a cuore perché rappresenta il centro logistico del consenso del suo partito. La guerra civile è un elemento di destabilizzazione che complica anche questo fronte.
Secondo, la questione terrorismo, che da quando sono iniziati gli scontri a sud di Tripoli è tornato un argomento importante in Libia e non solo: lo Stato islamico, sconfitto dai misuratini nel 2016 per quel che riguarda la sua dimensione statuale attorno a Sirte, è tornato a colpire sul territorio libico sfruttando la dimensione di milizia clandestina pronta alla guerriglia; ma ha anche allungato nuovamente i suoi tentacoli sulla Tunisia, Paese nevralgico per la stabilità dell’architettura di sicurezza regionale.
Terzo, il sostegno che Serraj chiede all’Italia: un tema che Tripoli discute da sempre con Roma, e che adesso il leader del governo onusiano chiede con maggiore vigore. Al Gna serve supporto militare, che però non è possibile a causa dell’embargo Onu, ma anche di intelligence e medico-sanitario (che l’Italia continua a fornire tramite l’ospedale di Misurata). Poi sostegno politico-diplomatico. Serraj, ci dice una nostra fonte, ha chiesto a Salvini di portare fuori l’Italia da “una posizione di attendismo” tenuta per queste ultime settimane. Roma “era lì come ad aspettare le evoluzioni, che ora ci sono state: la riconquista di Gharyan significa che Haftar ha praticamente fallito il suo blitz su Tripoli”.
LA POSIZIONE DELL’ITALIA
L’Italia – che la diplomazia che ha sempre sostenuto com maggior coinvolgimento Serraj e il processo Onu che impersona – ha tenuto da sempre una posizione aperta al dialogo inclusivo, ha spiegato pochi giorni fa il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, in occasione di un vertice alla Farnesina con il delegato della Nazioni Unite, Ghassan Salamé, che ha parlato per la prima volta dopo tre mesi di una possibilità concreta di bloccare i combattimenti e riaprire il percorso negoziale chiesto dall’Onu – e rilanciato dallo stesso Serraj nei giorni scorsi attraverso la proposta di una conferenza di pace.