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Così Cina e Russia mettono a (cyber) rischio i satelliti Nato. Report Chatham House

Di Virginia Nizza

Dal punto di vista delle capacità informatiche, gli Stati Uniti sono spesso considerati dei “fuoriclasse”. Tuttavia, un nuovo rapporto di ricerca pubblicato da uno dei think tank più rinomati al mondo, il londinese Chatham House, ha rivelato la presenza di vulnerabilità nei sistemi satellitari di comando e controllo che trasmettono dati “mission-critical” e che vengono utilizzati sia dagli Stati Uniti sia in ambito Nato. In particolare, la Nato si affida all’architettura e all’infrastruttura spaziale per tutte le sue missioni e operazioni, indipendentemente da dove siano condotte – se in aria, a terra, in mare o nel cyberspazio. I satelliti sono dunque “strategici” e assolutamente fondamentali per la fornitura di dati e servizi nei contesti della “full-spectrum dominance”. Tuttavia, a causa della loro dipendenza dalla tecnologia informatica, compresi software, hardware e altri componenti digitali, i satelliti sono vulnerabili ad attacchi informatici anche distruttivi. Il report presentato da Chatham House spiega in modo ineludibile come la dipendenza critica dallo spazio ha portato a nuovi rischi informatici che incidono in modo sproporzionato sulla sicurezza delle missioni Nato.

La Cina e la Russia sono stati identificati come i nemici più significativi e quelli che probabilmente già si sono prefissi l’obiettivo tattico di compromettere le reti satellitari utilizzate dagli Stati Uniti e dai loro alleati in caso di escalation militare. A differenza di altri stati tradizionalmente considerati ‘canaglia’, come l’Iran e la Corea del Nord, secondo il rapporto, sia la Cina sia la Russia danno priorità alla guerra elettronica, agli attacchi cyber e alla superiorità all’interno dello spettro elettromagnetico, ed entrambe le nazioni hanno un focus chiave per evitare che i sistemi di comunicazione satellitari avversari abbiano un impatto sulla loro efficacia operativa.

Inoltre, sia la Cina sia la Russia hanno rapidamente sviluppato le loro capacità spaziali e le tecnologie informatiche in settori come la tecnologia satellitare di comunicazione quantistica, capace di fornire un nuovo modo di cifrare le informazioni trasmesse tra i satelliti, aumentando quindi la difficoltà di hacking delle informazioni.

In questo contesto, gli attacchi informatici rappresentano una sfida complessa a causa dell’assenza di allarme e della velocità di un attacco, della difficoltà di attribuzione e delle complessità associate a una risposta proporzionata. Un attacco cibernetico offensivo può essere mascherato da esercitazioni a distanza, puramente digitali, consentendo all’attaccante di compromettere i sistemi informatici degli stati nazionali che vanno oltre la sfera militare e che hanno ricadute anche sulle infrastrutture critiche. Gli autori del report di Chatham House hanno dunque lanciato un avvertimento incontrovertibile: gli attacchi informatici ai sistemi militari potrebbero anche avere un effetto paralizzante sul processo decisionale strategico militare e politico e potrebbero rendere i paesi della Nato vulnerabili alle operazioni di informazione e di inganno perpetrate dai governi russo o cinese. È dunque indispensabile rendersi conto che, nel XXI secolo, la condotta della guerra è cambiata drasticamente. Non c’è consenso su come interpretare gli attacchi ai sistemi spaziali o alle reti informatiche, poiché la definizione di attività in tempo di pace e in tempo di conflitto è divenuta indistinguibile. Decidere quale sarebbe la soglia di intento ostile nello spazio potrebbe aiutare a sincronizzare gli sforzi tra gli alleati della Nato per gestire le vulnerabilità e adottare una strategia adeguata per la gestione di tali rischi

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