Con l’indicazione della tedesca Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione e della francese Christine Lagarde alla Banca centrale europea (al Consiglio andrà il belga Michel) si conferma in pieno quanto sappiamo da tempo: nell’Unione comandano Parigi e Berlino che fanno e disfano insieme ai Paesi partner che di volta in volta si prestano a fare da satelliti. D’altronde la strada è stata segnata per tempo da Charles De Gaulle per cui l’Europa era un cavallo tedesco con fantino francese e così ancora sarà.
IL BOTTINO ITALIANO
Con un colpo di reni il vertice dei capi di Stato e di governo è riuscito a trovare l’accordo ma, andata in porto la nomina di David Sassoli alla presidenza del Parlamento Europeo, l’Italia non potrà dire di essere rimasta a bocca asciutta, visto che dovrebbe avere anche la vicepresidenza dell’Eurotower e della Commissione, cui potrebbe aggiungersi la poltrona del Fmi lasciata libera dalla Lagarde, apparentemente perfetta per Mario Draghi, il salvatore dell’euro che in questo giro di valzer non ha ballato.
L’accordo non è stato facile e l’accoppiata rosa, decisamente inedita, attenua un po’ lo spettacolo che i Paesi membri dell’Ue hanno dato in questi giorni. Molte candidature sono cadute.
IL FATTORE DRAGHI
Saltato il principio degli Spitzenkandidat e saltati Timmermans e Weber per le due poltrone Ue, l’Italia si è trovata nelle condizioni di tornare ad avere un ruolo da leader. Anche per la confusione in cui versavano i grandi elettori, che hanno dimostrato come l’entusiasmo per la vittoria dei partiti europeisti il 26 maggio alle elezioni comunitarie fosse piuttosto infondato. Qui importano potere, geometrie e poltrone. Altro che Schuman, Adenauer e i padri dell’Europa. Resta un po’ la sensazione di non essersi giocati bene la partita, perché avevamo il candidato nettamente migliore per il vertice della Commissione, il padre del Quantitative Easing su cui potevano convergere tanti sì e che magari ora planerà davvero in quel di Washington per la gioia di Donald Trump. Sono i paradossi della storia.
EUROPEISTI CONTENTI
Gli europeisti, per ora più a parole che nei fatti, sono andati a letto contenti, i sovranisti cominceranno a prendere a picconate il palazzo e il rischio che nulla cambi davvero come nel migliore dei Gattopardi scaturisce dalla sensazione che a nessuno interessi davvero quello che vogliono 500 milioni di persone. A meno che le due donne scelte per guidare l’euro e il governo dell’Unione non decidano di averne abbastanza delle regole contabili degli euroburocrati maschi. Il loro passaporto testimonia una decisa continuità col passato, spirito e storia delle due presidenti potrebbero sorprenderci. Da Spinelli a Cencelli il passo è enorme ma è quello che oggi ci offre l’Europa, preda di troppi europeismi di facciata dal cuore nazionalista.