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Flat tax sì ma non a tutti i costi. Messaggio (di Tria e Di Maio) a Salvini

Fosse uno solo si potrebbe anche trovare il modo di aggirarlo, ma due ostacoli forse sono troppi, anche per uno come Matteo Salvini. Era solo questione di ore prima che il grosso del governo cominciasse a marcare il territorio, ricordando al vicepremier e capo della Lega che le manovre si scrivono tutti insieme e soprattutto con i ministri competenti.

L’incontro di ieri al Viminale (qui l’articolo con i dettagli) tra Salvini e 40 associazioni non è piaciuto al premier Giuseppe Conte, a Luigi Di Maio e nemmeno all’imperturbabile Giovanni Tria, ministro tra i più misurati del governo gialloverde. Tanto è vero che oggi, dopo l’altolà di Conte, è arrivato un doppio sbarramento a Salvini, con un messaggio politico chiaro: la Lega può proporre quello che vuole ma senza mai dimenticare che c’è un’altra metà di governo che vuole le sue misure in manovra e che la legge di Bilancio è affare del ministero dell’Economia.

DI MAIO PUNTA I PIEDI

Che la sortita di Salvini al Viminale non fosse piaciuta, per esempio, al Movimento Cinque Stelle era chiaro. Lo si è capito oggi, quando da Bologna, a margine di un evento di Poste, Di Maio ha improvvisamente puntato i piedi sulla flat tax al 15% che la Lega vuole come baricentro della prossima legge di Bilancio. “Per me la manovra si può fare pure domani. Io voglio abbassare le tasse iniziando ad abbassare il cuneo fiscale. Se si vuole fare la flat tax ben venga, l’unica cosa che non ho visto ancora sono le coperture“, ha spiegato il capo dei 5 Stelle.  “Il tema non è quando si fa la legge di Bilancio, ma quando arrivano le coperture sulla flat tax, che non è nostra ma che sosteniamo perché nel contratto di governo. Per una volta, però, le coperture le deve trovare la Lega e non noi. L’unica cosa che non voglio è che si tolga da una parte per mettere dall’altra: io non sono affezionato agli 80 euro, ma quelli non erano soldi di Renzi  quelli sono soldi degli italiani e se si dice ai cittadini ‘ti tolgo 80 euro’ per fare la flat tax o peggio ‘ti aumento l’Iva’ per fare la flat tax, per me questo è inaccettabile”.

I PALETTI DI TRIA

A palettare l’azione di Salvini è intervenuto persino il ministro Tria, cui spetta l’ultima parola sulla manovra. Il tradizionale aplomb non deve ingannare, perché il messaggio di Tria, ascoltato in Parlamento, al leader della Lega c’è stato tutto. “A parte la location (il ministero dell’Interno, ndr) che non sta a me discutere la decisione, mi è apparso un incontro tra un partito e le parti sociali e hanno espresso le idee di quel partito“. Traduzione: Salvini non ha parlato a nome del governo e dunque tutto quello che ha detto e proposto deve essere discusso nelle sedi opportune e con le sedi opportune. E poi, chi l’ha detto che si farà proprio quel modello di flat tax? “Sono allo studio vari possibili disegni alternativi, ci sono diversi progetti di flat tax in campo, stiamo valutando meriti e demeriti dal punto di vista tecnico e gli obiettivi di finanza pubblica”.

PROVE DI MANOVRA

Fin qui l’aspetto politico. Poi c’è quello più pratico, fatto di numeri e previsioni, forniti dallo stesso Tria. “La prossima legge di Bilancio sarà finanziata attraverso una riduzione della spesa corrente, con un perimetro molto vasto, non una semplice spending review sui ministeri ma per una revisione e razionalizzazione delle tax expenditure”, ha spiegato il ministro. Il ministro ha precisato che “non ci saranno tagli alla spesa nella sanità e nell’istruzione, dove si costruisce capitale umano, o alle spese sociali, che dovranno essere razionalizzate ma dato l’impegno del governo su questo piano non credo ci siano dubbi”. Poi, una precisazione sul deficit. “Non basta avere un aumento, un po’ più di deficit per mettere in moto una fase espansiva, se non c’è sostenibilità della manovra. Credo che i risparmi da reddito di cittadinanza e quota 100 andranno oltre 1,5 miliardi”.

CERVELLI IN FUGA

A proposito dell’istruzione, che non sarà colpita da tagli, almeno secondo Tria, il ministro ha lanciato un allarme (non certo il primo in Italia) sulla fuga di cervelli dall’Italia. Stiamo disperdendo talenti ma anche risorse”, basti pensare che “la fuga di cervelli all’estero che sta conoscendo l’Italia ci fa perdere circa 14 miliardi all’anno poco meno dell’1% del Pil“.

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