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Lo stop all’infrazione è nato in Giappone. Parola di Tria

Chissà che alla fine non sia stato un G20 diverso dagli altri. In grado di mettere una pietra sopra ad anni di rigore sui conti pubblici di stampo tedesco. Questo pomeriggio il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, è stato ascoltato in commissione Finanze al Senato, per riferire circa gli esiti dell’Ecofin del 14 giugno scorso. Dell’Ecofin di tre settimane fa però si è parlato ben poco, semmai molto più del G20 economico di Fukuoka del 7 giugno e del successo italiano in materia di conti pubblici, che ha consentito a Roma di evitare la procedura di infrazione per un soffio.

LA SVOLTA DI FUKUOKA

Lo stop alla procedura di infrazione, che secondo alcuni calcoli di Bloomberg sarebbe costata all’Italia quasi 3,5 miliardi di euro, è in realtà maturato non nelle aule della Commissione europea, ma nell’ambito della riunione di inizio giugno in Giappone tra i banchieri centrali delle grandi economie mondiali. Fukuoka ha sancito, a sentire Tria, un principio che poi ha portato l’Europa a rivedere i suoi passi: il primato della crescita sul rigore. Non è poco per un’Europa che vive da ormai quasi 9 anni sotto il peso del Patto di Stabilità. “Al G20 è stata sottolineata l’importanza di una politica fiscale flessibile e a supporto della crescita. L’accento sul problema della crescita rappresenta una svolta perché nei meeting che ci sono stati fino allo scorso autunno gli accenti erano solo sulla stabilità finanziaria”, ha spiegato Tria. Quella stessa flessibilità che ha fatto sì che i nostri impegni in materia di deficit (al 2,1% grazie al controllo della spesa e all’aumento delle entrate) fossero accettati.

“Dalla riunione in Giappone è emersa una convergenza di vedute sulla fase di stabilizzazione che sta attraversando l’economia globale che dovrebbe sperimentare una leggera ripresa nel secondo semestre del 2019, sia pure a tassi moderati, che dovrebbe continuare anche nel 2020, sempre che le tensioni commerciali e geopolitiche non si intensifichino ulteriormente e le condizioni finanziarie non si inaspriscano”.

NESSUN BARATTO CON L’EUROPA

A fermare l’ingranaggio delle procedura di infrazione, prima ancora della Commissione europea, è insomma stato il G20 dell’economia. Ma c’è un altra questione che Tria ha voluto affrontare, facendo chiarezza. Il presunto scambio tra nomine Ue e procedura di infrazione, come a dire il sì italiano a Ursula Von der Leyen e Christine Lagarde in cambio di uno stop alla procedura. “Non c’è stato nessun collegamento tra il dialogo con la commissione sul nostro bilancio e la procedura di infrazione con altre discussioni che riguardino nomine. Sono state tutte portate su piani completamente diversi, non c’è stato alcun collegamento e nessuna commistione”.

ASPETTANDO IL 2020

Per quanto riguarda il futuro dei nostri conti, il responsabile del Tesoro ha dato una prospettiva. E cioè “continuare il programma di aggiustamento strutturale, anche se non è stata fatta cifra ma un minimo di aggiustamento strutturale dovrà essere fatto”. Dunque una manovra correttiva, nel 2020, seppur minima ci sarà. “Occorre rivedere l’andamento dell’economia della seconda metà dell’anno, i controlli finali su qual è livello di consolidamento strutturale di quest’anno e quindi quale sarà obiettivo del prossimo anno.

LAGARDE BRAVA, MA…

Impossibile per il professore di Tor Vergata non commentare la nomina di Christine Lagarde alla Bce. Tria ha fatto intendere di apprezzare la scelta ma di averla preferita in altri posti di comando.  Lagarde “è una persona degna, personalmente l’avrei preferita alla Commissione europea”. E comunque, “si libera un posto per un italiano se ci va un francese…”. Sì, ma dove?

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