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Il braccio di ferro tra Trump e i democratici sul trattato con Canada e Messico

Donald Trump ha chiesto ieri al Congresso di approvare senza lungaggini la nuova intesa commerciale tra Stati Uniti, Canada e Messico. “Chiedo al Congresso di ratificare lo USMCA e inviarlo immediatamente alla mia scrivania per la firma. Non dovremmo giocarci“, ha non a caso dichiarato il magnate newyorchese durante un discorso tenuto in Wisconsin. “Ogni giorno che passa, diventa sempre più politico perché ci avviciniamo sempre più alle elezioni”, ha aggiunto. Il timore della Casa Bianca è che l’accordo possa restare bloccato per un periodo indefinito di tempo in Campidoglio, producendo in questo modo effetti negativi sulla campagna elettorale che il presidente sta conducendo in vista della rielezione per le presidenziali del prossimo anno. Si tratta, del resto, di un dossier su cui Trump si gioca molto. Nel corso della campagna del 2016, il magnate aveva a più riprese criticato il NAFTA (entrato in vigore nel 1994), promettendo una rinegoziazione dell’intesa, che fosse in grado di garantire maggiori vantaggi economici agli Stati Uniti. Si tratta d’altronde di un tema particolarmente caro alla classe operaia della Rust Belt, che considera i trattati internazionali di libero scambio, siglati negli anni passati, come la principale causa degli attuali problemi economici americani.

In questo senso, la Casa Bianca aveva avviato delle trattative con Canada e Messico nel maggio del 2017: trattative che hanno poi raggiunto una conclusione con la stipulazione dello USMCA nell’autunno del 2018. Il mese scorso, l’intesa sembrava tuttavia in procinto di naufragare, quando il presidente americano minacciò di imporre dazi al Messico se quest’ultimo non si fosse attivato per arginare i flussi migratori provenienti dall’America Centrale e diretti, attraverso lo stesso territorio messicano, verso il confine meridionale degli Stati Uniti. Per quando ufficialmente non sia mai stato a rischio, da più parti si temeva che questa mossa potesse gravare come una pesante ipoteca sul destino dello USMCA. Ciononostante la situazione si è poi rasserenata, con Washington e Città del Messico che hanno trovato un compromesso sul tema migratorio.

Il Congresso americano dovrebbe teoricamente ratificare il nuovo trattato di libero scambio entro quest’estate. Eppure, come detto, la questione si sta man mano politicizzando. Il Partito Democratico sa del resto perfettamente che, su questo dossier, Trump si giochi molto in vista della rielezione. E, anche per questo, gli attriti non mancano. I democratici chiedono che l’amministrazione americana apporti modifiche alle disposizioni dell’accordo soprattutto in materia lavoro e norme ambientali. Pretendono inoltre che la Casa Bianca elimini una disposizione che potrebbe limitare la capacità del Congresso di abbassare i prezzi dei farmaci. In tal senso, la speaker della Camera, Nancy Pelosi, ha reso noto di non avere alcuna intenzione di procedere alla ratifica del nuovo trattato, finché Trump non darà delle risposte convincenti alle questioni poste sul tavolo dall’Asinello. La Speaker ha comunque voluto sottolineare qualche settimana fa di non voler politicizzare l’accordo, chiarendo come – dal proprio punto di vista – si tratti di un dibattito incentrato sulla sostanza di quanto previsto della nuova intesa.

Trump, dal canto suo, ha ribadito che lo USMCA presenti “le più severe disposizioni in materia di lavoro, i più alti standard ambientali e le disposizioni di applicazione più complete mai attuate in un accordo commerciale”. Inoltre, secondo il presidente, il nuovo accordo proteggerebbe i lavoratori americani, incentivando tra l’altro le aziende a mantenere i loro stabilimenti sul territorio statunitense.

La questione della lotta alla delocalizzazione della produzione industriale ha del resto sempre rappresentato uno dei cavalli di battaglia programmatici di Donald Trump. E, esattamente come nel 2016, anche nel 2020 si rivelerà probabilmente un tema dirimente per le presidenziali. Non sarà del resto un caso che candidati democratici come la senatrice del Massachusetts, Elizabeth Warren, e il senatore del Vermont, Bernie Sanders, ne abbiano già fatto un punto centrale delle proprie proposte elettorali.

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