Cosa si sono detti Di Maio e l’ambasciatore Eisenberg? C’è stato veramente un endorsement al Movimento 5 Stelle come fa capire sulla Stampa Marcello Sorgi, oppure no? Tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini c’è un nuovo campo di confronto che riguarda il rapporto con gli Stati Uniti, ed è lo stesso leghista a dare una risposta a quelle domande ai microfoni di Radio 24.
Si parla della colazione di lavoro che ieri il collega grillino ha avuto con il diplomatico statunitense, interpretata da una parte della stampa italiana come l’occasione con cui gli Usa hanno fornito una sorta di appoggio al M5S davanti alle criticità dimostrate dalla Lega riguardo al caso-Russia. “Loro (gli Usa, ndr) hanno giustamente la preoccupazione dell’Iran, del nuclerare iraniano, della sicurezza nazionale e della potenza cinese”, dice il ministro dell’Interno.
Toccato il cuore del discorso, a cui serve contesto e ricostruzione per argomentare. Gli Stati Uniti percepiscono la situazione delicata tra l’esecutivo e (forse anche per questo) non scelgono un campo. Inoltre seguono il Russiagate salviniano con distaccato interesse, ritengono certamente la Russia un attore che gioca sul campo avversario su molti dossier, ma non sono affatto interessati alle evoluzioni giudiziarie, che seguiranno il corso dovuto.
La ricostruzione sugli interessi americani che fa Salvini invece sembra ben focalizzata. La Cina è in cima all’agenda. E l’esposizione italiana concessa con l’adesione alla Nuova Via della Seta è stata vista a Washington in modo nettamente negativo. Salvini anche per questo, nei giorni di aprile in cui si consumava la cerimonia d’inclusione italiana nell’infrastruttura geopolitica cinese (alla presenza di Xi Jinping, in visita di Stato in Italia), s’è tenuto in disparte.
Cosa che per gli Usa non è bastata, anche se il vicepremier leghista ha dato personalmente garanzie a dipartimento di Stato e vicepresidenza – durante quel recente viaggio a Washington, in cui è stato molto ben accolto.
Ieri, per esempio, ne ha dato dimostrazione pratica e intervenendo a un convegno sul 5G nazionale e i suoi impatti sulla sicurezza, Salvini ha replicato ai timori dei giorni scorsi relativi al fatto che il testo sul Golden Power – meccanismo con cui dovrebbero essere protette anche le reti telecomunicazioni nazionali – potesse decadere.
Una risposta – nell’ottica di quelle garanzie date a Washington – al sottosegretario grillino alla presidenza del Consiglio, Vincenzo Santangelo, che dall’alto delle sue specifiche competenze istituzionali e politiche, aveva detto che il decreto che rafforza il Golden power (sotto alcuni aspetti tecnici per il 5G, ma non solo) sarebbe stato fatto decadere alla scadenza dei 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ovvero nella prima decade di settembre.
Questi sì, aspetti critici per Washington, arrivati in un momento in cui la cinese Huawei era in pieno sforzo lobbistico a Roma. Gli Stati Uniti hanno escluso la società dal nuovo sistema dati Internet perché la ritengono una problematica di sicurezza nazionale – potrebbe favorire lo spionaggio cinese. E vorrebbero che gli alleati si muovessero di conseguenza.
Come sull’Iran. La massima pressione americana dovrebbe servire a portare Teheran a un nuovo tavolo negoziale da cui costruire un’architettura di sicurezza regionale più ampia possibile, ma questi piani trumpiani non possono prescindere da un’azione corale di alleati, amici e partner per rendere credibile la dissuasione.
Le tensioni collegate al dossier nucleare sono sfociate nel confronto sul Golfo attorno alle petroliere, dove per garantire la sicurezza marittima potrebbe essere necessario l’impegno di vari attori, e l’Italia è chiamata a una riflessione. Problematica anche la presenza della Mahan Air tra i vettori aerei a cui il ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture permette di operare in Italia.
La società è collegata ai Pasdaran, il Tesoro Usa ha già diffuso un warning sul rischio di subire sanzioni extraterritoriali a chi concede spazi a certi soggetti iraniani. Salvini da Washington ha fatto dichiarazioni completamente allineate agli Usa sull’Iran, il M5S ha preso posizioni più lasche.