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Bazooka della Bce e debito pubblico. Il governo o è filo Ue o non è. Parola di Baretta

Il partito del non voto a ottobre e del governo istituzionale c’è ed è vivo ma forse non basterà ad allontanare le urne per intestarsi una manovra che oggi vale minimo 26-27 miliardi tra stop all’Iva (23 miliardi) e spese indifferibili (3 miliardi). Per il resto si vedrà. Di sicuro, una legge di Bilancio approvata da un esecutivo traghettatore è una soluzione remota per Pierpaolo Baretta, ex sottosegretario al Tesoro in ben tre governi Pd (Letta, Renzi e Gentiloni). Ma prima una considerazione su chi, in questi anni, la crisi dell’Europa economica l’ha resa più morbida: Mario Draghi.

BRAVO DRAGHI

Il governatore della Banca centrale finlandese ed ex commissario Ue, Olli Rehn, come raccontato da Formiche.net, ha annunciato una nuova ondata di acquisti di titoli pubblici da parte della Bce. Quel bazooka che il governatore uscente Draghi ha, se non inventato, almeno reso celebre. “Mi sembra una gran buona notizia, perché il Qe è stato in questi anni un aiuto fortissimo alla nostra economia. E dal momento che si profilano tensioni sui nostri titoli mi sembra una scelta saggia”, spiega Baretta. “E poi l’Europa rischia di essere ancora al centro delle tensioni tra Cina e Stati Uniti, una gabbia di protezione sotto forma di politica monetaria mi sembra una buona idea. E anche un buon auspicio con il cambio al vertice imminente (è in arrivo Christine Lagarde alla guida della Bce, ndr).

VOTARE O NON VOTARE?

Lasciando Francoforte, l’altra questione è la manovra italiana. Quando? Dove? E chi la approverà? Baretta ha pochi dubbi. “Mi pare una prospettiva complicata immaginare un governo a tempo esclusivamente per la manovra, perché mi sembra che sia la maggioranza e sia opposizioni non hanno una convenienza per gestire esclusivamente la manovra e poi cedere il passo. Una manovra che comunque sarà complicata, a cominciare dalle coperture”, afferma Baretta. “O si va al voto subito e allora ci sono tempi compatibili per un governo che approvi alla manovra oppure non si vota e si pensa a un esecutivo più di lungo respiro e allora non solo dedicato alla sola legge di Bilancio. In ogni caso mi pare che Mattarella abbia davanti una serie di nodi delicati perché dovrà tenere conto anche delle opinioni dell’Europa verso la nostra politica economica”.

LA RESA DI SALVINI (AL DEBITO)

Discorso legato a doppio filo alla manovra, il debito pubblico, che a giugno ha toccato il nuovo (ennesimo) record a quota 2.386 miliardi, +21 miliardi su maggio. Un mostro a tre teste che impedisce all’Italia di attuare quelle politiche espansive che invece servirebbero come il pane. “Il problema è serio, serissimo anche perché come abbiamo visto negli ultimi mesi la posizione del governo era di lavorare in deficit, ma Salvini stesso si è forse reso conto che con questo debito non si poteva fare flat tax e Iva messi insieme e allora ha dovuto arrendersi”.

PRIVATIZZAZIONI CERCASI

Pensare che la via di uscita dal debito ci sarebbe anche. Si tratta di una promessa fatta dalla stessa Italia all’Europa e scritta nero su bianco nella scorsa legge di Bilancio: 18 miliardi di privatizzazioni. “Non è un tema semplice, dobbiamo distinguere tra privatizzazioni locali, dove parliamo di 7-8 mila partecipate e grandi aziende strategiche nazionali, come Enel, Eni ma non solo. Stiamo parlando di aziende non solo importanti per la nostra economia, ma che vanno anche molto bene. E poi c’è un problema di mercato, che deve prezzare al massimo tali quote prima di poter procedere alla cessione. Mi permetta di dire che però il vero problema, se parliamo di rapporto tra aziende e debito pubblico è semmai una certa incapacità di aver risolto questioni come Ilva e Alitalia che pesano molto sul bilancio statale”.

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