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Il bastone e la carota. Trump, Putin, il G8 e la Crimea

Un ritorno della Russia nel formato g8 (oggi g7) “sarebbe appropriato”. Lo ha detto il presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump in un punto stampa alla Casa Bianca martedì sera. Trump si è dichiarato “favorevole a una simile proposta” e intenzionato a “dare vita di nuovo al G8” a margine di un incontro con il suo omologo romeno Klaus Iohannis.

L’apertura arriva a pochi giorni di distanza dal G7 di Biarritz, in Francia. Non è la prima volta che il presidente propone di riammettere nel consesso la Russia di Vladimir Putin. Nel giugno 2018, abbandonando il G7 in Canada, aveva ammesso che “la Russia dovrebbe stare in questo incontro”. “Non è così che dovrebbe funzionare – ha spiegato ai reporter alla Casa Bianca – il presidente Obama credeva non fosse opportuno avere dentro la Russia perché Putin era più sveglio di lui”.

Dietro la determinazione di Trump si celerebbe, secondo la giornalista della Cnn Kylie Atwood che cita “alte fonti dell’amministrazione”, una telefonata con il presidente francese Emmanuel Macron ieri mattina. Il presidente francese avrebbe proposto a Trump di sollevare di nuovo il tema di una riammissione russa nel formato. “Se qualcuno avanzasse quella proposta – ha aggiunto in serata Trump nel punto stampa – sarei certamente disposto a pensarci molto favorevolmente”.

La telefonata di Macron è giunta a un giorno dall’incontro di lunedì con Putin nella sua residenza estiva di Fort de Bregancon. L’inquilino dell’Eliseo ha discusso di un eventuale rientro della Russia nel formato G8 ponendo precise condizioni. A cominciare dalla risoluzione della crisi in Ucraina e dal rispetto da parte di Mosca degli accordi di Minsk firmati nel 2014 all’indomani dell’invasione della Crimea. Da Putin come al solito sono arrivate rassicurazioni verbali: “qualsiasi contatto in qualsiasi formato con i nostri partner è utile”.

Il campo dove giocare la partita, hanno concordato i due capi di Stato lunedì, deve rimanere il “formato Normandia” che vede formalmente impegnati nel pressing diplomatico per una soluzione della crisi Russia, Ucraina, Francia e Germania. I dialoghi procedono. Questo mercoledì il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas sarà a Mosca per incontrare l’omologo Sergei Lavrov e discutere fra i tanti dossier anche quello ucraino.

A quel dossier guardano anche le parole di Trump sul G7. L’offerta del presidente a Mosca suona come contropartita in cambio di un cambio di marcia sulla crisi ucraina che il Dipartimento di Stato di Mike Pompeo chiede con particolare energia da quando si è insediato. Il tema della riammissione al G8 potrà divenire perno del nuovo round negoziale avviato con la benedizione del presidente ucraino Vladimir Zelensky e affidato alla diplomazia del formato Normandia che in questi giorni ha messo in moto la sua macchina. E non è escluso che su questo presupposto Trump voglia impostare l’attesissimo G7 che gli Stati Uniti ospiteranno nel 2020. Per il momento il Cremlino si è tenuto cauto. Per tornare a quel tavolo “devono essere formulate delle proposte concrete e, se ci sono, devono essere inoltrate alla parte russa per essere esaminate” ha chiosato la portavoce del Ministero degli Esteri Maria Zakharova

La mano tesa al Cremlino non solo è in linea con la strategia del “bastone e della carota” con cui l’amministrazione ha finora trattato la vicenda della Crimea ma rientra anche in un piano di appeasement con la Russia che il presidente vorrà far valere nella campagna elettorale per le presidenziali del 2020. In questa direzione sembra andare l’imminente nomina, rivelata in anteprima dal New York Times, del vice segretario di Stato John Sullivan come nuovo ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca al posto di Jon Huntsman. Il numero due di Mike Pompeo è molto apprezzato dal Dipartimento di Stato e dalle cancellerie estere. La sua scelta è spia di un’attenzione crescente dell’amministrazione Trump verso il dossier russo.

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