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Perché è possibile una rinnovata azione dei cattolici in politica. Il commento di Reina

La bella e interessante intervista di Francesco Bechis a Mannino, esponente di primo piano della storica Democrazia Cristiana induce a qualche riflessione sul ruolo attuale dei cattolici in politica. Condivise le sue dichiarazioni, a proposito delle vicissitudini che stanno vivendo i due sottoscrittori, M5S e Lega, del contratto di governo su cui il già ministro Dc è stato molto chiaro e saggio, è invece opportuno intrattenersi sulla possibile e rinnovata azione dei cattolici in politica.

Il riferimento di Mannino al presidente Sergio Mattarella, che ha ricordato la figura di don Luigi Sturzo, statista cattolico di cui l’otto agosto si celebra il 60° anniversario della sua scomparsa, e in questo anno il centenario della nascita del Ppi, primo partito di cattolici in Italia, sollecita analisi complesse, per niente semplici. Mannino, valutando l’attuale situazione politica del Paese, lascia trasparire melanconia, tristezza, pessimismo, ritenendo improbabile una nuova stagione caratterizzata dalle idee del popolarismo sturziano. Avendo egli attraversato, come tanti esponenti democristiani e non, nella prima esperienza repubblicana, quaresime e resurrezioni ha una visione più compiuta del futuro scenario politico, che non è possibile contestare. L’ottimismo comunque non manca, ma non perché si debba affermare un partito, un leader, una cricca ma semplicemente perché c’è una prateria vuota da popolare con gente che chiede buongoverno e lealtà istituzionale. Il quadro politico, si sa, non è per niente stabile, non consolidato: significativo è il numero degli astenuti ad ogni turno elettorale, per cui è opera meritevole e giusta impegnarsi affinché la nuova frontiera del popolarismo veda la luce.

A tale proposito è da apprezzare l’affermazione di Lillo Mannino quando spiega all’intervistatore che gli domanda: Che effetto le ha fatto assistere al continuo tintinnio di rosari e immagini sacre in casa Lega? “Mi ha dato molto fastidio. Ma devo prendere atto che la maggior parte dei cattolici non la pensa così. Per rompere questo monopolio ci vorrebbe un movimento che abbia radici veramente cattoliche e dia sicurezze, al momento neanche l’ombra. C’è stato qualche sforzo, anche lodevole, della Cei per mettere su un movimento, finora con poca fortuna”.

Da queste parole si denota comunque la speranza che le idee del cattolicesimo politico possano continuare a vivere. È la storia stessa dei cattolici in politica ad essere contraddistinta da accelerazioni e rallentamenti. Sturzo nel suo percorso verso la nascita del Partito Popolare visse in prima persona momenti bui alternati ad altri luminosi. E viene in mente il tempo delle difficoltà e dei contrasti incontrati da Sturzo e Murri dopo la promulgazione della enciclica Rerum Novarum del 1891 di Leone XIII, di Caltagirone del 1905, dell’albergo Santa Chiara a Roma il 18 gennaio 1919, da dove fu lanciato “l’Appello ai liberi e forti”, tappe fondamentali di un cammino periglioso, ma che alla fine portò alla vittoria del prete siciliano: far entrare nel sistema politico italiano, dalla porta principale, il Partito Popolare, partito laico, aconfessionale, di ispirazione cristiana. Venivano abbandonati ibridi connubi e alleanze spurie, tipo il “gentilonismo”, iniziava una nuova esperienza dei cattolici in politica con un proprio partito.

Oggi, alla luce della realtà politica sgangherata, confusa, sciatta che sta provocando solo difficoltà agli italiani in campo internazionale e nazionale, come sostiene anche Mannino, è necessaria una presenza politica moderna che sappia garantire a chi non ha alcuna voce una rappresentanza solida, un riferimento efficace. Si sono riscontrate in queste ultime ore difficoltà, incomunicabilità tra Lega e M5S, fino a portarli a una crisi preoccupante; né il Pd e né Forza Italia con i loro fallimenti alle spalle possono pretendere di guidare attività di governo, visti i disastrosi precedenti. È necessario che nuove forze politiche, energie fresche dotate di competenze e entusiasmo prendano in mano le sorti del Paese. Non si può di certo puntare su “vecchi arnesi” che hanno partorito populismi e sovranismi, né possono essere loro i protagonisti di una proposta feconda, originale attorno alla quale è possibile ritrovare gli italiani. Guardando a don Sturzo, bisogna sviluppare un’azione decisa per far rientrare nella vita pubblica, puntando sulla storica tradizione popolare della partecipazione, tutti coloro che sono stati emarginati dalla cecità e dagli interessi di bassa bottega di cosiddetti uomini politici del recente passato.

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