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Il Pentagono conferma: la Cina è la priorità. Ecco perché

Linea dura contro la Cina. Questa è, in estrema sintesi, la posizione espressa dal segretario alla Difesa americano, Mark Esper, nel corso di un’intervista esclusiva rilasciata ieri a Fox News: la prima, da quando è stato confermato come capo del Pentagono il mese scorso. Un’occasione con cui Esper si è fatto portavoce di tutte le preoccupazioni che le alte sfere militari statunitensi attualmente nutrono nei confronti di Pechino.

“La Cina”, ha non a caso affermato, “costituisce la priorità numero uno per questo Dipartimento. È delineato nella strategia di difesa nazionale, perché pensiamo che sia un concorrente strategico a lungo termine e che stia perseguendo una campagna di massimizzazione, se volete, in tutto il teatro Indo-Pacifico, indipendentemente dal fatto che si tratti dell’ambito politico, economico o militare”.

Secondo Esper, i cinesi “stanno chiaramente professionalizzando ed espandendo la capacità e le potenzialità dei militari al fine di spingere gli Stati Uniti fuori da quel teatro”. Il capo del Pentagono ha quindi proseguito: “Ci hanno studiato e hanno imparato come impieghiamo le armi; hanno imparato a conoscere la nostra dottrina. E così, questo è qualcosa che guardiamo con molta attenzione.” Esper ha inoltre voluto sottolineare quello che ha descritto come il passaggio imminente da un “conflitto a bassa intensità che dura da diciotto anni” (un chiaro riferimento alla guerra in Afghanistan) a “conflitti ad alta intensità contro concorrenti come la Russia e la Cina”. Il segretario alla Difesa ha dunque affermato: “Ciò significa modernizzare la forza con capacità avanzate, basate sull’intelligenza artificiale, ipersonica, robotica, energia diretta e aggiornamento della nostra dottrina – fare tutte queste cose sarà fondamentale per noi, per scongiurare un conflitto in futuro”.

In questo senso, Esper ha definito il furto di proprietà intellettuale perpetrato da Pechino come un “grande, grande problema”. “È uno sforzo organizzato dallo stato, per inseguire tecnologie, che si tratti di tecnologie di difesa o non di difesa, per contrastare gli altri – tutti gli altri tipi di proprietà intellettuale, persino i beni commerciali. Quindi l’ambito richiede davvero attenzione. Ed è qui che […] applaudo al presidente per aver respinto la Cina e tutte le sue attività commerciali che sono al di fuori dei limiti di ciò che dovrebbe essere previsto.” Il segretario ha poi parlato anche del versante nucleare. “Le nostre forze strategiche sono un deterrente chiave per la guerra nucleare. Penso che un deterrente forte, affidabile, capace e pronto sia davvero ciò che impedisce che scoppi la guerra nucleare ”, ha dichiarato.

In quest’ottica, il capo del Pentagono ha parlato anche di Russia. “In questo momento la Russia ha possibili missili da crociera con raggio Inf […] a punta nucleare di fronte al[l’Europa] – non è una buona cosa”. Inoltre, secondo Esper, sarebbero ancora in corso attività cibernetiche ostili da parte di Mosca, di Pyongyang e della stessa Pechino. Tutto questo sebbene – ha chiosato il segretario alla Difesa – gli Stati Uniti stiano riuscendo a contrastare tentativi di attacco in tal senso.

L’intervista di Esper è carica di importanti significati, soprattutto a causa della tempistica scelta per la sua diffusione. Innanzitutto le dure dichiarazioni su Pechino avvengono nel bel mezzo della crisi di Hong Kong. Negli ultimissimi giorni, questo dossier ha duramente incrinato le relazioni tra Stati Uniti e Cina su vari fronti (dalla vendita degli F-16 a Taiwan alle polemiche tra la Repubblica Popolare e i colossi del web americani).

Il Pentagono, insomma, sembra confermare la linea dura verso Pechino, convergendo sostanzialmente con l’impostazione di buona parte del Congresso americano. Esper sposa in tal modo l’approccio muscolare del consigliere alla sicurezza nazionale, John Bolton, prendendo al contempo le distanze dagli esponenti più cauti all’interno della stessa amministrazione americana. Infine, anche le sue parole non troppo amichevoli verso Mosca rivestono un significato rilevante. Soprattutto alla luce del fatto che, proprio ieri, Donald Trump abbia teso una mano a Vladimir Putin, dicendosi favorevole a reintegrare la Russia nel G8. Segno di come le alte sfere militari statunitensi molto probabilmente non vedano ancora di buon occhio una eventuale distensione tra Washington e Mosca.


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