Che piacciano le sue posizioni o meno, che si rinfacci una certa acquiescenza per i primi mesi di governo e una successiva trasformazione al termine dell’esperienza, il presidente del Consiglio uscente incaricato dal Presidente Mattarella nella serata del 28 agosto, si pone come il vero vincitore politico della crisi di governo agostana.
Giuseppe Conte ha in primo luogo vinto la disputa retorica con il vice premier Matteo Salvini nella sua comunicazione al Senato del 20 agosto scorso. Grazie alla proposta di un nuovo modello di discorso politico, chiaro e netto nel delineare cause e conseguenze della crisi senza demonizzare le persone coinvolte in essa, il presidente del Consiglio ha posto un nuovo standard dei discorsi dei capi di governo in Parlamento. La cultura e la preparazione di Conte, costruite in un percorso professionale complesso come quello accademico, hanno consentito al professore di impiegare politicamente un’ars retorica in grado di colpire a fondo idee e comportamenti dell’avversario senza mai giungere ad “asfaltare” la persona. Un deciso passo avanti rispetto ai modelli di discorso politico ascoltati nelle Aule istituzionali e un modello da seguire per riportare la comunicazione politica ad un livello più adeguato ai contesti in cui essa viene praticata.
Conte, tuttavia, risulta anche vincitore di una non prevedibile battaglia politica per la leadership dentro al Movimento 5 Stelle. Tra un Di Maio dal passo non sempre fermo e un Grillo sempre più lontano dalle logiche e dinamiche istituzionali, tra un Casaleggio presumibilmente preoccupato per le conseguenze sulla propria attività imprenditoriale della incerta linea del Movimento e un Di Battista che giocava le ultime cartucce populiste in salsa sudamericana, Conte si è assicurato in modo quasi naturale, oltre all’incarico come presidente del Consiglio, la leadership nel Movimento 5 Stelle.
Gran parte della comunicazione sui social del M5S dall’inizio della crisi è stata centrata sulla rassicurante e solida figura del professore e sul suo ruolo di argine democratico ai pieni poteri richiesti irritualmente da Salvini nel corso del suo tour estivo. Il gradimento rilevato nei sondaggi verso la figura di Conte è rimasto superiore al 50% anche in una circostanza così difficile come una crisi al buio, aperta ad agosto, al di fuori delle aule parlamentari. Il buon lavoro di relazione personale svolto da Conte nei mesi scorsi presso le cancellerie straniere e le sedi multilaterali – forse il tratto più interessante e inedito sviluppato dal presidente del Consiglio nel corso dei 14 mesi passati – ha dato i suoi frutti, in termini di consensi e di endorsement da parte dei leader mondiali, come è accaduto a margine del G7 di Biarritz.
La fiducia del sistema istituzionale espressa nei confronti di Conte nel corso delle consultazioni ha recepito questi elementi chiudendo il cerchio con il reincarico, ovvero trovando la soluzione della crisi proprio nella figura politica che ne aveva avviato l’azione, dimettendosi dopo la mozione di sfiducia presentata e poi ritirata al Senato dal vice presidente Salvini. Il governo Conte 2 sembra aprirsi su un contesto sociale e politico molto diverso rispetto al Conte 1.
Il presidente del Consiglio che fu avvocato del popolo e garante terzo del contratto di governo è diventato una figura politica autonoma e inserita nei meccanismi istituzionali e gode di un supporto popolare notevole. Dal punto di vista del sentiment nei confronti della politica, poi sembra emergere nel Paese una voglia di normalità. Questo comporta il ricorso a personale politico dotato delle necessarie competenze per far funzionare le istituzioni e di rassicurare, non con le rivendicazioni ma con le mediazioni ai tavoli multilaterali, i cittadini preoccupati.
Insomma, per usare una formula sintetica, sembra terminato il carburante della paura che alimentava il populismo e c’è esigenza di ritorno alle competenze, come quelle che maturavano in passato le élite nelle professioni, nell’impresa, nell’accademia e nel lavoro. Non sorprende che lo stile di Conte, da sempre orientato in questa direzione, sia apparso come la risposta giusta ai cittadini preoccupati dalle conseguenze della crisi sulle proprie vite. Una coincidenza perfetta, in termini di tempo con l’apprezzamento che le élite del Paese riservavano da un po’ alla figura del professore, anche grazie ad una comunicazione costruita su misura sul personaggio del professore, proprio come gli amatissimi abiti sartoriali con cui siamo ormai abituati a vedere il presidente del Consiglio uscente e rientrante.