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L’Egitto attacca le ingerenze esterne sulla Libia ma dimentica le sue

L’Egitto non molla la Libia. Il Cairo ha un interesse storico di carattere geopolitico sulla Cirenaica, area controllata dal signore della guerra dell’Est Khalifa Haftar e in cui si è rifugiato il parlamento eletto nel 2014 per scappare alla seconda guerra civile. Ora che con l’assalto haftariano a Tripoli ci troviamo nel terzo conflitto interno in meno di dieci anni (il primo nel 2011, per detronizzare il rais Gheddafi), e adesso che gli egiziani si trovano ad affrontare la situazione con una relativa stabilità, rivendicano un ruolo nel futuro Paese.

Ieri il ministero degli Esteri del Cairo ha fatto uscire una dichiarazione diretta non troppo usuale in cui dice che “l’Egitto ritiene che la soluzione in Libia dovrebbe essere puramente libica e consensuale senza interventi o dettami da parti esterne, posizione confermata negli incontri tenutisi recentemente al Cairo con diverse fazioni libiche”, il più recente dei quali è stato quello con alcuni membri della Camera dei rappresentanti libica (il parlamento di Tobruk), che è “l’unica istituzione eletta in Libia e incaricata ad approvare qualsiasi tabella di marcia per porre fine alla crisi e stabilire le basi costituzionali necessarie per tenere elezioni presidenziali e parlamentari”.

Un’apparente delegittimazione del ruolo del Governo di accordo nazionale (Gna), l’esecutivo promosso dall’Onu sulla base degli accordi di Skhirat nel 2015 con l’intento di riunificare il paese e arrivare a nuove elezioni. Al Gna, insediato con un colpo di forza onusiano a Tripoli nel marzo del 2016, manca il passaggio politico da sempre, perché i parlamentari di Tobruk gli hanno continuamente rifiutato la fiducia sotto le pressioni di chi gioca i suoi interessi in Cirenaica. E su questo presupposto giuridico-politico ruota la dichiarazione egiziana. Il Cairo ha anche invitato la missione delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) a “cooperare e impegnarsi” maggiormente con “i rappresentanti del popolo libico” per attuare la tabella di marcia necessaria per porre fine alla crisi, “nonché mettere in atto gli elementi dell’iniziativa adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite” a ottobre scorso.

Il Consiglio di Stato libico di Tripoli (organo consultivo che fa da contraltare alla Camera dei rappresentanti di Tobruk, come spiega Agenzia Nova, che riporta stralci delle dichiarazioni) ha definito la posizione dell’Egitto come una “una palese interferenza negli affari interni del paese”. Ha condannato lo statement del Cairo e ha rifiutato di “considerare la Camera dei rappresentanti come l’unica istituzione eletta in Libia e l’unica a cui è affidata l’attuazione della tabella di marcia per porre fine alla crisi” considerandola una “distorsione della realtà contraria alle convenzioni riconosciute dalle Nazioni Unite e dal Consiglio di sicurezza”. Nella dichiarazione il Consiglio di Stato — che ha invitato il Gna a prendere “una posizione forte per porre fine agli sfacciati interventi egiziani nelle questioni libiche” — ha ricordato anche che di fatto (e de iure) “la Camera dei rappresentanti (eletta nel 2014) ha terminato il suo mandato”, solo che non decade per l’assenza di nuove votazioni.

L’Egitto è considerato uno dei paesi amici di Haftar e finanziatori delle sue ambizioni egemoniche sul paese. L’autoproclamato Feldmaresciallo ispira la sua azione di governo al presidente Abdel Fattah al Sisi, e da lì prende spunto anche la sua narrativa che punta a descrivere tutti coloro che gli si oppongono come terroristi. Gli egiziani foraggiano militarmente, in via informale, la milizia haftariana Lna, e forniscono appoggio logistico e coordinamento agli altri grandi attori dietro Haftar, gli Emirati Arabi. Il ruolo chiave lo gioca la base aerea di Siwa, nella fascia desertica occidentale dell’Egitto, che fin dal 2014 è l’hub per il supporto aereo haftariano e dal 2017 è diventata di fatto l’hub dei droni Wing Loong che stanno garantendo anche in questi quattro mesi di assedio a Tripoli la copertura alle ambizioni del Feldmaresciallo insieme a un contingente più modesto piazzato in Libia.

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