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L’Italia guardi a Washington se vuole evitare la morsa franco-tedesca. Parla Frattini

Le perduranti titubanze sul 5G di compagnie cinesi e l’affossamento del rafforzamento del Golden Power per le reti, nonché le mancate prese di posizione su alcuni dossier fondamentali di politica estera – come la Libia – rischiano di allontanare ulteriormente l’Italia da alcuni aspetti del suo tradizionale vincolo euro-atlantico e di rivitalizzare l’asse franco-tedesco, oggi in crisi.
Eppure, spiega in una conversazione con Formiche.net Franco Frattini, già ministro degli Esteri e commissario europeo, oggi presidente della Sioi, Roma avrebbe le carte in regola per ritagliarsi il ruolo di partner privilegiato di Washington in Europa e scongiurare così un pericoloso isolamento internazionale del quale ci sono tutte le avvisaglie.

Presidente Frattini, in concomitanza con il G7 di Biarritz sono in molti a sottolineare un crescente isolamento internazionale dell’Italia, dovuto in parte ad un allontanamento dell’attuale governo dalle tradizionali posizioni euro-atlantiche. Condivide questa analisi?

Che queste preoccupazioni abbiano un fondamento è dimostrato da un’intervista allo stesso ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi pubblicata oggi al Corriere della Sera, all’interno della quale ribadisce la necessità per l’Italia di non isolarsi e di mantenere saldo il legame con Nato e Stati Uniti, prendendo in seria considerazione il fatto che su alcuni dossier importanti Roma rischia di allentare alcuni aspetti del consueto vincolo euro-atlantico.

In che cosa si concretizzerebbe questa distanza da Washington?

Intanto assistiamo a una mancanza di adeguamento del budget della Difesa – quantomeno tendenziale – rispetto ai parametri del 3% condivisi con gli Usa in sede Nato, nonché a un ruolo da mero osservatore del nostro Paese rispetto agli attacchi condotti da Khalifa Haftar in Libia. Anzi, durante la sua visita in Italia quest’ultimo è stato accolto ha accolto al pari di Fayez al-Sarraj. E poi c’è la questione dei rapporti con Pechino.

Si riferisce al 5G?

L’accordo con la Cina sulla via della Seta e le titubanze sul 5G di compagnie cinesi hanno fatto pensare a Washington che l’Italia non sia consapevole del fatto che dati sensibili nelle mani di Pechino – che tra l’altro è anche il più grande produttore al mondo di cavi sottomarini, dai quali passano i dati – possono mettere a rischio la sicurezza dell’intera Alleanza. Ci si aspettava che il rafforzamento del Golden Power per le reti – un ‘firewall’ da porre in caso di sconfinamento in terreni pericolosi – avvenisse subito e invece non c’è stato. In questo senso l’inclusione di Huawei Italia nella black list del Dipartimento del Commercio è un segnale abbastanza chiaro in questo senso.

Crede che tutto ciò incrinerà il legame con Washington?

Tutto sommato penso di no, perché il rapporto di Washigton con Roma resta pur sempre migliore di quello degli Usa con Francia e Germania. Basti pensare all’atterraggio al G7 francese del ministro degli Esteri iraniano, una cosa mai vista che ha irritato Washington. Non è un caso che, in una delle sue battute, Donald Trump abbia citato dazi su vini francesi e auto tedesche, evitando di menzionare il nostro Paese. Si tratta di un’ulteriore manifestazione di amicizia, alla quale dovrà però seguire una posizione orientata al rafforzamento, non solo teorico ma anche fattuale, del legame transatlantico. Non bastano le confuse dichiarazioni di intenti, sono le parole chiare e le scelte di governo a contare.

In caso contrario a che rischi si esporrebbe l’Italia?

L’Italia si espone al rischio che l’asse franco tedesco venga rivitalizzato in un momento in cui è in declino. Emmanuel Macron e Angela Merkel vivono una fase di attriti, che finora non siamo stati in grado di sfruttare. Pur nell’incertezza che avvolge l’esecutivo, potevamo, ad esempio, offrire una sponda alla proposta di Trump di riammettere la Russia nel G7, riportandolo a essere un G8 quando si terrà il prossimo anno negli Stati Uniti. Ma c’è anche il pericolo derivante da un maggior protagonismo spagnolo, che arriverà certamente con la nomina di Josep Borrell come Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Ue. E pur nell’irrilevanza crescente di fori come il G7 – ormai solo teatrini per far emergere divisioni invece di discutere di questioni serie come la rottura delle relazioni infocibernetiche tra Corea del Sud e Giappone – questi nostri silenzi e queste nostre mancanze non ci consentono di ritagliarci il ruolo di partner privilegiato di Washington in Europa che, invece – al netto di Londra, ormai fuori dall’Unione europea – dovremmo e potremmo avere. E ci rendono meno forti, come dimostra in modo inequivocabile il mancato invito all’Italia al vertice sull’immigrazione dal Sahel tenutosi proprio nel contesto del summit di Biarritz.


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