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Governare la crisi in tempi di recessione. La guida ragionata di Giampaolo Galli

Non spaccare in due la sessione di bilancio. È questa una preoccupazione di Giampaolo Galli, già parlamentare e già direttore generale di Confindustria e ora vice direttore dell’Osservatorio dei conti pubblici della Cattolica. “Non so quale sia l’esito desiderabile di questa crisi politica o comunque l’esito meno negativo – ha detto a Formiche.net -. A me sembra che si possa (e forse si debba) evitare di spaccare in due la sessione di bilancio e che ciò sia possibile”. Ma come?

Galli, non è ancora chiaro se si voterà il 13 ottobre oppure no. La certezza è però che la sessione di bilancio e dunque la manovra, rischia di essere spaccata in due dal voto. E allora meglio un governo che approvi in fretta e furia una manovra solo per l’Iva o che invece lo faccia un esecutivo uscito dalle urne?

Premetto che non so quale sia l’esito desiderabile di questa crisi politica o comunque l’esito meno negativo. Esprimo quindi un parere puramente tecnico, senza risvolti o retropensieri politici. A me sembra che si possa (e forse si debba) evitare di spaccare in due la sessione di bilancio e che ciò sia possibile, anche se potrebbe comportare l’attivazione dell’esercizio provvisorio. Un governo che si insediasse prima della fine dell’anno potrebbe ad esempio fare un decreto per rinviare di tre mesi l’aumento dell’Iva (quindi con coperture per tre mesi), salvo poi predisporre l’intera manovra di bilancio nei mesi dell’esercizio provvisorio. In tempi normali è meglio evitare l’esercizio provvisorio perché è un segnale di tensioni nella maggioranza e potrebbe avere un impatto negativo sulla percezione dei mercati. Ma qui non ci sarebbe nessun segnale negativo, perché le tensioni nella maggioranza sono conclamate e sono già incorporate nei valori delle attività finanziarie.

Nel merito della manovra c’è chi parla di manovra basica: solo Iva, spese indifferibili e niente flat tax e salario minimo. Non ci sarebbero i soldi e forse i tempi. E il deficit meglio non toccarlo. Lei Galli come la vede?

Non so cosa si intenda per manovra basica. Tutte le scelte che devono essere fatte sono politiche.Tenuto conto sia dei risparmi su quota 100 e Reddito di cittadinanza sia, per altro verso, della frenata in corso nell’economia europea, per mantenere il deficit 2020 entro il 2% del Pil (un valore che non è detto possa essere considerato sufficiente dalla Commissione europea) occorre una manovra nell’ordine dei 30-35 miliardi. Di questi, 23 miliardi sono coperti, secondo il Def del ministro Tria, dall’aumento dell’Iva. Occorre dunque decidere se andare allo scontro con la Commissione europea per ottenere maggiore flessibilità e se e in quale misura utilizzare l’Iva o altri strumenti (spending review e spese fiscali) per le coperture. Queste sono scelte strettamente politiche. Per questo dico che non mi è chiaro cosa intendano coloro che parlano di manovra basica.

Quando si ha il terzo debito al mondo, prossimo ai 2.400 miliardi, ogni piccola mossa viene percepita dai mercati. Ora ci si è messa anche la politica… Dobbiamo aspettarci un rialzo dello spread?

Lo spread è già a un livello che alla lunga è insostenibile. Potrà diminuire se i mercati vedranno emergere un governo meno litigioso e soprattutto meno ostile all’Europa e più rispettoso delle esigenze delle imprese che investono in Italia e dei risparmiatori che finanziano il nostro debito pubblico. Bisogna in ogni caso che siano eliminati dall’orizzonte delle cose possibili eventi catastrofici come un’uscita dall’euro, il default del debito pubblico e una maxi imposta patrimoniale. Purtroppo, così non è stato fino ad oggi. La combinazione di bassa crescita, alto debito e governi attenti quasi solo al consenso giorno per giorno ha fatto sì che questi scenari siano rimasti ben presenti nelle valutazioni degli investitori. Chi mai ha voglia di fare un investimento a lungo termine (ossia non del tipo “mordi e fuggi”) in un Paese in cui si potrebbero avverare scenari di questo tipo? Per queste ragioni lo spread rimane elevato e l’economia reale si è bloccata.

Gli scorsi giorni è stato confermato dall’ex commissario Olli Rehn un ritorno del Qe, il bazooka di Mario Draghi. La dottrina Draghi sopravviverà dunque nell’era Lagarde?

Credo di sì. Occorre però tenere conto che la politica monetaria reagisce alle circostanze. Se e quando ci sarà una ripresa dell’economia e dell’inflazione in Europa, la Bce cambierà politica. E allora prevarrà una “dottrina” diversa da quella che oggi chiamiamo “dottrina Draghi”. La Bce deve calibrare le sue politiche in funzione della situazione complessiva dell’Eurozona, chi pensa che possa fare una politica guardando principalmente alla situazione dei Paesi più deboli si illude. Così come si illude chi pensa che la Bce possa fare politiche asimmetriche per salvare Paesi con un debito pubblico che il mercato giudica insostenibile. Il salvataggio di un Paese è possibile – lo dimostra il caso della Grecia-, ma è una scelta politica che può comportare costi notevolissimi a carico dei cittadini del Paese che viene salvato. È incredibile che ci sia chi non se ne rende conto o (forse) fa finta di non rendersene conto.

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