Skip to main content

Conte espelle Salvini. Senza appello. E guarda a Greta…

I pronostici parlavano di un discorso “duro”. Ma l’intervento del presidente del Consiglio Giuseppe Conte al Senato è molto di più. Il giorno del giudizio per il governo gialloverde si apre nel pomeriggio, a palazzo Madama. La tensione si taglia con il coltello, già alla porta. I senatori che entrano frettolosamente per assistere all’ultimo atto percorrono un corridoio che divide due folle inedite. Leghisti da una parte, Cinque Stelle dall’altra. Volano insulti, fischi, applausi per i rispettivi leader. È un’istantanea nuova, che sigilla la fine di un percorso durato un anno.

L’entrata di Conte al Senato è accompagnata da un boato di applausi. Rimangono a braccia conserte Lega e centrodestra. Il premier si accomoda al banco del governo, circondato dai suoi (ex) dioscuri. Matteo Salvini, trattenuto in una espressione plastica di ansia e attesa. Luigi Di Maio, che a stento trattiene un sorriso di scherno.

Le premesse istituzionali cedono subito il posto a una severa invettiva contro chi ha staccato per primo, senza preavviso, la spina al governo. Conte bacchetta il leghista come un professore bacchetta l’alunno ripetente. La sua, dice l’avvocato, è stata una scelta di “opportunismo politico”. Sciorina colpe e mancanze del Carroccio al governo, ora sospeso in un limbo che rischia di mandare in fumo i tanti provvedimenti in corso d’opera. “Far votare i cittadini è l’essenza della democrazia – spiega Conte – sollecitarli a votare ogni anno è irresponsabile”.

L’intervento abbandona presto il galateo per trasformarsi in un bilancio politico. “Il Paese non ha bisogno di gente che chiede pieni poteri – accusa Conte guardando negli occhi il vicepremier leghista – il tuo è stato un gesto irriguardoso verso il Parlamento che precipita il Paese in una vorticosa spirale di incertezza istituzionale e finanziaria”.

Salvini tiene i suoi, mette a tacere i fischi. Si spazientisce quando il j’accuse del premier entra nel personale. “Quest’operazione di un progressivo distacco dal governo avviata dopo le elezioni europee ha distratto il ministro dai suoi doveri istituzionali – affonda l’avvocato pugliese. “Qui ti sbagli amico mio – sbotta il leghista.

Dai banchi di Pd e Cinque Stelle arriva un profluvio di applausi. Salvini sorride e traccia in aria una linea con due dita. Come a dire: la frittata è già fatta. Matteo Renzi, vero protagonista della crisi agostana, se la ride di gusto dal suo scranno.

L’ultimo affondo di Conte è un attacco diretto contro il politico Salvini. Prima gli ricorda che avrebbe potuto “condividere con lui” le informazioni in suo possesso sull’inchiesta sul caso Moscopoli, che “merita di essere chiarita sul piano internazionale”.

Poi una tirata d’orecchie che apre il putiferio in aula. Ai comizi, dice Conte, è meglio “evitare di accostare a slogan politici simboli religiosi, sono comportamenti che non hanno nulla a che vedere con la libertà religiosa”. È il fendente più dolente, che precede la chisura del sipario.

Conte chiude l’intervento con un appello alle giovani generazioni, “ogni giovane che parte e non ritorna è una sconfitta per il Paese”. Parole che ricalcano quanto detto dal presidente della Cei Gualtiero Bassetti. E un occhiolino a Greta Thunberg e all’ambientalismo 2.0 cui guardano ora tanto il Movimento Cinque Stelle quanto il Pd. “Occorre ripensare modelli di sviluppo e di crescita che si sono rivelati fallimentari. Occorre una Europa sostenibile, lavorare per i diritti delle donne, affrontare le questioni sociali aperte”.

Poi una road map delle ore che verranno. “Considero chiusa l’esperienza di questo governo”, sentenzia il premier. “Sentirò tutti gli interventi in aula e poi mi recherò al Quirinale per rassegnare le dimissioni”.

Finito il primo round, è il turno di Salvini. Che abbandona i banchi del governo, e parla dai seggi del gruppo leghista. È l’epilogo definitivo, irreversibile dell’esperienza gialloverde.

 


×

Iscriviti alla newsletter