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Il governo è tecnicamente fallito, ma non cadrà (per ora). Parla De Micheli

“È insopportabile che il governo continui ad aizzare i tifosi senza risolvere i problemi del Paese: ormai è tecnicamente fallito, sono mesi che non riesce più a esprimere alcuna posizione condivisa. Ma non cadrà, almeno per ora”. Il vicesegretario del Pd Paola De Micheli ha pochi dubbi: nonostante sia sempre più preda di divisioni e tensioni interne, la maggioranza gialloverde è destinata a reggere ancora sul piano parlamentare. Nessuno dei due partiti farà venire meno i numeri – ha argomentato in questa conversazione con Formiche.net la deputata dem – “soprattutto il Movimento 5 Stelle, ormai pronto sostanzialmente a tutto pur di tenere in piedi l’esecutivo e di non tornare alle urne che sarebbero realisticamente l’approdo più probabile in caso di crisi”. Anche perché – ha aggiunto ancora De Micheli – sul punto il Pd ha le idee chiare, sebbene i retroscena dei quotidiani tratteggino pure scenari differenti: “Siamo contrari a qualsiasi altro governo in questa legislatura. La situazione è talmente grave che, a nostro avviso, se il governo dovesse cadere si dovrebbe necessariamente andare a votare”.

A proposito, quanto la preoccupano i dati diffusi ieri dall’Istat?

Moltissimo, la stagnazione dura ormai da troppo tempo. Gli effetti delle politiche economiche tanto sbandierate dal governo non si si vedono e pure i numeri dell’occupazione, apparentemente non negativi, nascondono una condizione del lavoro complessivamente precaria, con meno ore lavorate e redditi più bassi. A 13 mesi dall’insediamento del governo, il quadro è molto negativo.

Pensa che la situazione economica venga sottovalutata dall’esecutivo?

Peggio, il governo si dimostra ogni giorno totalmente inconsapevole dell’inefficacia delle sue politiche economiche. Dobbiamo investire su manifattura, innovazione, formazione e capitale umano. Il mondo sta andando avanti mentre noi continuiamo ad arretrare.

E intanto la litigiosità tra gli alleati di governo si fa sempre più evidente come dimostra quanto accaduto ieri sulla giustizia. La rottura è reale?

C’ è stato un tempo, quello elettorale, nel quale le schermaglie e le litigate erano figlie più di un obiettivo elettorale che di una reale lontananza tra i due vicepremier. Oggi però non è più così: la frattura personale e politica è vera, seria e profonda. Ma non penso proprio che nell’immediato si arriverà alla caduta del governo: soprattutto il Movimento 5 Stelle è ormai pronto sostanzialmente a tutto pur di tenere in piedi l’esecutivo e di non tornare alle urne che sarebbero realisticamente l’approdo più probabile in caso di crisi. Anche per la posizione chiara sul punto del Partito democratico.

Ma non rimane sempre in pista l’ipotesi dell’alleanza con i Cinque Stelle o del governo tecnico? Sono ipotesi che tornano spesso nei retroscena dei quotidiani

Lo escludo, siamo contrari a qualsiasi altro tipo di governo in questa legislatura. La condizione del Paese è così grave  che non si potrebbe non passare attraverso una verifica elettorale. Punto. Questo è il tema politico del nostro ragionamento: spetta agli italiani scegliere chi dovrà risolvere i problemi causati dai gialloverdi. Le questioni sono talmente gravi e numerose che occorre un pieno mandato politico legittimato dalle elezioni per andare al governo.

Ma davvero l’Italia è messa così male?

L’esecutivo continua a creare ansia nell’opinione pubblica e incertezza in coloro che vorrebbero investire qualcosa sul proprio futuro. Non ci sono riforme, non ci sono cambiamenti, non ci sono interventi legislativi che offrano soluzioni concrete. Ed è insopportabile che il governo continui ad aizzare i tifosi senza risolvere i problemi del Paese. Litigano su tutto, ma non in Parlamento dove i numeri tengono: i Cinque Stelle voteranno sì al decreto sicurezza e probabilmente arriveranno pure ad approvare una piccola legge sulla giustizia quando tra qualche mese avranno trovato l’ennesimo piccolo accordo al ribasso. Ormai l’esecutivo è tecnicamente fallito, sono mesi che non riesce più a esprimere alcuna posizione condivisa. Ma non cadrà, almeno per ora

L’eventuale ritorno alle urne in caso di crisi di cui ha parlato non rischia però di consegnare ancora di più il Paese alla Lega e alla destra? Sicura che possa convenire al Pd?

Leggo anche io i sondaggi ovviamente, ma quando si va a votare è diverso. Le campagna elettorali possono modificare i sondaggi: segnalo che nei quattordici mesi intercorsi tra le politiche del 2018 e le europee del 2019 c’è stato uno spostamento di oltre il 45% degli italiani  che hanno cambiato il proprio voto. L’elettorato è talmente mobile che la partita non può certo considerarsi persa in partenza. La storia è ancora da scrivere.

Da questo punto di vista il Pd come si sta preparando?

La prima cosa da fare, la più importante, è recuperare il rapporto con le persone e con i corpi intermedi attraverso lo strumento della Costituente delle Idee lanciato da Nicola Zingaretti nell’assemblea di luglio che sta prendendo forma sui territori con centinaia di incontri e migliaia di contributi singoli da parte di chi vuole partecipare. La seconda questione è certamente organizzativa: dobbiamo essere più presenti sui territori, nelle periferie del Paese.  Il terzo tema è la costruzione di una grande alleanza civica con tutto quel pezzo d’Italia che sta reagendo a questo governo.

Riuscirete ad andare avanti compatti oppure il Pd si dividerà tra le posizioni delle varie correnti, com’è spesso accaduto in passato?

Ci sono solo due condizioni per far andare bene i rapporti tra persone che hanno punti di vista e angolature visuali diverse. La prima è che tutti siano disposti a riconoscere il ruolo di chi è chiamato a fare sintesi e la seconda è che quest’ultimo eserciti questa funzione in modo serio e rispettoso. Nella di direzione venerdì corso si sono realizzate entrambe queste condizioni. Siamo un partito plurale e ciò in alcuni casi può comportare qualche fatica ma il Pd è assolutamente in grado remare compatto nella stessa direzione.

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