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Non solo Hong Kong. L’altra spina per la Cina è Taiwan (con nuovi F-16 in arrivo)

Ci sono tre dossier che infiammano gli animi cinesi e che (anche per questo) sono diventati temi in cui gli Stati Uniti hanno maturato assertività nell’ambito del confronto globale tra potenze in corso. Uno è il Mar Cinese Meridionale, con le rivendicazioni territoriali di Pechino su quelle rotte strategiche; un altro è lo Xinjiang, dove la Cina ha avviato un internamento dei musulmani uiguri, problematica etnia locale, sotto le denunce internazionali; il terzo è Taiwan, che il Dragone considera una provincia ribelle e minaccia di essere pronto a riannetterla anche con la forza. È per evitarsi il quarto fronte che il capo dello stato Xi Jinping ha chiesto a Donald Trump di non inserirsi nelle proteste di Hong Kong — Washington rispetterà l’accordo verbale fin tanto che i cinesi manterranno i nervi saldi ed eviteranno azioni davvero pesanti.

Il quadro è necessario per capire quanto il via libera dato tre giorni fa dall’amministrazione Trump a una potenziale vendita di armi a Taiwan — che coinvolge dozzine di nuovi jet da combattimento F-16V (la versione più avanzata di un aereo che costituisce già la spina dorsale delle forze aeree di Taiwan) — sia diventata il tema caldo del momento tra Usa e Cina. La mossa fa parte di una spinta al rafforzamento militare voluta dalla presidente Tsai Ing-wen, che tra poco si ripresenterà per un nuovo mandato alle elezioni con un programma che parla di autonomia e che vede nel rafforzamento delle forze armate (anche attraverso programmi interni) un passaggio automatico. Trovando sponda a Washington, dove alla Casa Bianca siede un presidente che tra le prime chiamate internazionali all’inizio del mandato ne ha fatta una a Taipei per garantire il supporto americano. Da notare che le proteste hongkonghesi e le prime repressioni poliziesche cinesi hanno fatto crescere le quotazioni di Tsai nei sondaggi.

Il governo cinese ha già detto che la vicenda degli F-16 non passerà senza conseguenze. Annuncio supportato dalla propaganda diffusa dai media statali riguardo la malevola decisione amarican-taiwanese. La vendita dei caccia era stata in un limbo per diverso tempo, con la Casa Bianca che aveva ordinato al dipartimento di Stato (l’apparato che si occupa di dare via libera alle vendite di armamenti) di congelare la richiesta: Trump intendeva usarlo come elemento di contrattazione nei negoziati commerciali, e ora che si sono rotti i contatti ha dato semaforo verde?

Washington ha negoziato la vendita con Taipei per diversi anni, chiedendo l’appoggio dei leader politici taiwanesi per dedicare una parte significativa del budget all’acquisto dei jet da combattimento. Ora, con l’approvazione di Foggy Botton (arrivata in ritardo rispetto i tempi previsti), la palla passa alla Commissione Affari Esteri della Camera e a quella Relazioni Estere del Senato, che nei mesi passati hanno già approvato forniture militari più soft a Taiwan (per esempio, a luglio, è stata approvata la potenziale vendita di 108 carri armati M1A2T Abrams e altre attrezzature, per un valore complessivo di 2 miliardi di dollari). I principali membri del Congresso venerdì scorso, appena diffusa la notizia, hanno subito affermato pubblicamente che la vendita sarà sostenuta con ogni probabilità su base bipartisan in entrambe le camere, invocando i forti legami tra gli Stati Uniti e Taiwan. D’altronde erano stati i senatori a pressare l’amministrazione sulla commessa, chiedendo che non finisse tra le contrattazioni pragmatiche della Casa Bianca.

Per capirci, il presidente della commissione della Camera, Eliot Engel, un Dem newyorkese, e il massimo repubblicano nel panel, il rappresentante Michael McCaul dal Texas, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui dicono che la fornitura “invia un messaggio forte sull’impegno degli Stati Uniti in materia di sicurezza e democrazia nel’Indo-Pacifico” in mezzo “all’aggressione militare cinese nella regione”. Dal Senato, il repubblicano Jim Risch, chairman della Commissione Esteri, ha acclamato Trump e ha accolto con favore la vendita come “fondamentale per migliorare la capacità di Taiwan di difendere il suo spazio aereo sovrano, che è sotto la crescente pressione della Repubblica popolare cinese” — “Taiwan è un solido partner degli Stati Uniti nel promuovere un Indo-Pacifico libero e aperto e gli Stati Uniti rimangono fermamente impegnati a sostenere la propria difesa”, ha aggiunto. “Diamine, vorrei venderli con gli F-35, quindi il minimo che potessimo fare è vendergli F-16”, dichiara a Defense News il senatore repubblicano Corey Gardner. Gli F-35 sono da considerare la Via della Seta americana, ossia un punto nodale a cui gli Usa intendono agganciare la linea continua di alleanze, partnership e amicizie.

Da ricordare che, al di là del contesto attuale, gli Stati Uniti sono vincolati dal Taiwan Relations Act del 1979 (tempi diversi) a “rendere disponibili a Taiwan gli articoli di difesa e i servizi di difesa nella quantità necessaria per consentire a Taiwan di mantenere una capacità di autodifesa sufficiente”.

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