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Fine del Trattato Inf, fine di un’era. Parla Mikhelidze (Iai)

Oggi finisce definitivamente il Trattato Inf, un’intesa storica siglata da Stati Uniti e l’Urss l’8 dicembre del 1987 – firmatari Ronald Reagan e Michail Gorbačëv – per il controllo degli armamenti nucleari a medio raggio, da cui l’amministrazione Trump ha tirato fuori Washington dopo anni di polemiche. L’uscita sarà effettiva da oggi, e sarà seguita da una mossa simmetrica russa. Il quadro è complesso e Formiche.net l’ha ricostruito, con un occhio al futuro, in una conversazione con Nona Mikhelidze, head of the Eastern Europe and Eurasia Program dell’Istituto Affari Internazionali (Iai).

Come siamo arrivati a questa situazione? Intendo al di là dei passaggi di cronaca, cosa c’è e c’è stato dietro?

Per capire il come e il perché siamo arrivati a questa situazione forse bisogna dire alcune parole sulle responsabilità di parte. In Italia si è parlato tanto sulle responsabilità americane nella vicenda Inf, visto che è stato il governo degli Stati Uniti ad annunciare per primo l’intenzione di ritirarsi dal trattato, ma lo ha fatto per gran parte a causa delle violazioni da parte di Mosca. Questo fatto di essere i primi a lasciare l’Inf ha dato alla Russia la possibilità di sviluppare la narrativa per convincere gli alleati degli Stati Uniti che la Russia non ha violato l’accordo.

E invece? Ci sono informazioni sul fatto che, da anni, sia l’opposto…

Esatto, la Russia ha costantemente minato il trattato con numerose violazioni. E questo non lo dice solo il governo americano, ma lo dice anche la Nato e il Parlamento Europeo. Infatti, nel corso degli ultimi 20 anni vedendo le sue relazioni bilaterali con gli Stati Uniti come un gioco a somma zero, è diventata sempre più insoddisfatta degli obblighi derivanti dal trattato. Il presidente Vladimir Putin e altri leader russi di alto livello hanno criticato apertamente l’Inf. Putin ha messo in dubbio la decisione sovietica di firmarlo, spingendosi fino a dire che i suoi predecessori erano ingenui e definendo questa decisione “a dir poco discutibile”.

Uno dei passaggi storici sul tema fu un discorso alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco nel 2007, giusto?

Sì, in quell’occasione disse queste parole, che val la pena ricordare in modo integrale per comprendere il quadro dietro al punto in cui siamo arrivati: “Vorrei ricordare che negli anni ’80 l’Urss e gli Stati Uniti firmarono un accordo sulla distruzione di tutta una gamma di missili di piccola e media portata, ma questi i documenti non hanno un carattere universale. Oggi molti altri Paesi hanno questi missili, tra cui la Repubblica democratica popolare di Corea, la Repubblica di Corea, l’India, l’Iran, il Pakistan e Israele. Molti Paesi stanno lavorando su questi sistemi e prevedono di incorporarli come parte dei loro arsenali di armi. E solo gli Stati Uniti e la Russia hanno la responsabilità di non creare tali sistemi d’arma. È ovvio che in queste condizioni dobbiamo pensare a garantire la nostra sicurezza”.

Un messaggio piuttosto chiaro: il mondo era cambiato, la Russia non sarebbe stata a guardare.

Non solo, nello stesso periodo l’allora Primo ministro ed ex ministro della Difesa russo Sergey Ivanov dichiarò che il trattato Inf era “una reliquia della Guerra fredda”. Oltre questo la Russia ha parlato pubblicamente di una serie di missili, tra cui Tsirkon, Rubezh e Kalibr-K, che hanno annullato l’intera premessa del Trattato. Accanto a questa narrativa, che mostrava la Russia estremamente insoddisfatta di essere parte di quel trattato, ci sono state delle violazioni delle quali parlava non solo il governo degli Stati Uniti, ma come ho detto anche la Nato e il Parlamento Europeo.

A quando risale la prima accusa pubblica contro Mosca?

Era il luglio del 2014, nel Rapporto annuale di conformità con cui il Dipartimento di Stato americano verificava costantemente l’adesione agli accordi sul controllo degli armamenti, si indicava chiaramente che la Federazione russa violava gli obblighi di non possedere, produrre o testare in volo un missile da crociera lanciati da terra (Glcm) con una portata compresa tra 500 e 5.500 km, oppure possedere o produrre lanciatori di tali missili. L’allora presidente Barack Obama scrisse personalmente a Putin per comunicare i risultati raccolti, sottolineando che gli Stati Uniti erano disposti ad avviare un dialogo per sostenere il trattato nella speranza che la Russia tornasse a rispettarlo. Nello stesso anno, la Nato nella sua Dichiarazione del vertice di Galles ha invitato la Russia a “preservare la fattibilità del trattato attraverso la garanzia della piena e verificabile conformità”.

Che cosa rispose Mosca davanti a questi inviti?

La risposta russa fu quella di definire le accuse degli Stati Uniti “non supportate” e dichiarare che non erano state presentate prove a sostegno delle accuse. Nel novembre 2017, però, gli Stati Uniti hanno identificato la SSC-8 con il suo designatore russo 9M729 come il sistema interessato dalla violazione del trattato. La Russia, che fino a quel momento aveva negato l’esistenza di quel sistema missilistico offensivo, ha dovuto riconoscerla, ma ha negato che il missile potesse superare i limiti dettati dall’Inf. Di seguito ci fu una dichiarazione Nato: “Gli alleati credono che, in assenza di una risposta credibile dalla Russia su questo nuovo missile, la valutazione più plausibile sarebbe che la Russia stia violando il trattato Inf. La Nato esorta la Russia ad affrontare queste preoccupazioni in modo sostanziale e trasparente e a impegnarsi attivamente in un dialogo tecnico con gli Stati Uniti. Gli alleati continueranno i loro sforzi per coinvolgere la Russia su questo tema in formati bilaterali e multilaterali”.

Poi, a inizio anno, anche il Parlamento europeo ha preso posizioni contro le violazioni russe…

Era il 14 Febbraio del 2019, il Parlamento Europeo ha chiesto alla Federazione Russa di “tornare alla piena e verificabile conformità, al fine di rispondere alle preoccupazioni sollevate dagli Stati Uniti e dalla Nato, in risposta alla continua violazione da parte della Russia dei termini del Trattato, e [ha] sollecita[to] l’impegno della Russia per il futuro a lungo termine dell’accordo”.

Adesso che prospettive ci sono? Una nuova volontà di riarmo che rischia di mettere in crisi altri accordi simili all’Inf, oppure una nuova architettura è in costruzione?

È chiaro che la disgregazione dell’attuale sistema di controllo degli armamenti rischia di portare a una successiva destabilizzazione nella sfera nucleare, che non dovrebbe apparire una prospettiva attraente né per la Russia né per gli Stati Uniti. Ma dubito che ci sia la volontà di costruire un accordo simile all’Inf.

Perché?

Primo perché la percezione e le valutazioni delle minacce a Mosca e Washington sono completamente distanti, il che si riflette nello sviluppo delle rispettive forze strategiche. Oltre questo, lo sviluppo e l’introduzione su larga scala di nuovi tipi di tecnologia militare (come la tecnologia ipersonica, antispaziale, antimissile e cibernetiche) mirano a essere difficilmente controllabili.
Si pensa che il controllo bilaterale degli armamenti abbia fatto il suo percorso, e dovrebbe essere sostituito da una “gestione strategica degli armamenti” multilaterale, non formalizzata e prevalentemente qualitativa” oppure “con un dialogo tra tutte le potenze nucleari”. Ma è chiaro che anche tale formato del controllo degli armamenti non risolve i problemi molto concreti che sono sorti tra la Russia e gli Stati Uniti a seguito della disintegrazione dell’Inf.

Dietro all’iniziale uscita statunitense dal trattato potrebbero esserci anche calcoli strategici in ottica Cina: come si possono includere attori globali come il Dragone, quelli cresciuti dopo la firma di questi trattati di cui parlava già Putin una dozzina di anni fa, nei futuri equilibri sugli armamenti?

Attualmente le relazioni tra Stati Uniti e Cina continuano a escludere qualsiasi dialogo serio sulle questioni relative alle armi nucleari. L’arsenale nucleare di Pechino, la sua politica nucleare e lo sviluppo delle forze nucleari restano chiusi al mondo esterno. Nonostante la sua stretta cooperazione con la Russia, le questioni relative alle armi nucleari non sono mai state sollevate. E non c’è motivo di credere che la Cina rivelerà la struttura delle sue forze nucleari nel prossimo futuro, per non parlare di impegnarsi in negoziati sul controllo degli armamenti nucleari. È altamente improbabile che gli Stati Uniti e la Cina concludano accordi di controllo degli armamenti nel prossimo futuro.

Ma preservare il controllo degli armamenti senza prospettive di miglioramento in futuro risulta complicato…

Quello che abbiamo davanti significa che gli Stati Uniti, la Russia e la Cina svilupperanno le loro armi e dottrine nucleari basate esclusivamente sul loro calcolo strategico, in un’atmosfera di crescente alienazione reciproca e assenza di dialogo su questi temi. In questo clima di crescente sfiducia, credo che il massimo che si possa fare diplomaticamente a breve e medio termine è concordare misure di prevenzione dei conflitti.

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(Foto:Wikipedia, Reagan e Gorbačëv durante la firma del trattato)


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