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Intelligenza artificiale, tra nuove frontiere e libertà. Il futuro di Ocone

Gli ultimi trenta anni possono essere definiti a buon diritto quelli di una rapida e sconvolgente “rivoluzione industriale”. Uno sconvolgimento che, come era già avvenuto in alcuni evoluti paesi europei a cavallo fra Sette e Ottocento, ha mutato i rapporti di produzione, quelli sociali, il modo di lavorare o trascorrere il tempo libero, di conoscere e affrontare i problemi della vita quotidiana. Anzi, essendo stata l’ultima una rivoluzione soprattutto immateriale e cognitiva, ciò che è più di ogni altra cosa è venuto a mutare è il nostro modo di pensare e dare un senso alle cose del mondo.

Più radicalmente, le basi gettate dalla “rivoluzione digitale” hanno messo in moto un processo, tuttora pienamente in corso, che sembra toccare la nostra stessa coscienza, e in sostanza l’essenza stessa dell’essere umano. Anche perché esso va sempre più a intrecciarsi con la possibilità della scienza medica di intervenire sul nostro corredo genetico (bioinformatica) e addirittura di modificare la nostra personalità (neurobiologia). Le macchine intelligenti finiranno per dominarci? O, al contrario, l’uomo sarà in grado di trarre il meglio dall’intelligenza artificiale applicata alla nostra quotidianità, servendosene per i suoi scopi e subordinandola alle sue scelte private (bioetica) e pubbliche (biopolitica)?

Quello che qui sembra essere sconvolto è lo stesso rapporto che l’uomo ha avuto finora con la tecnica, di mezzo a scopo. C’è la possibilità, mettiamo, che robot sempre più umanoidi diano essi all’uomo i loro scopi, invertendo il rapporto? O che semplicemente, con l’uso ragionato e intelligente dell’enorme massa dei dati informatici (Big Data) raccolti e dominabili solo da una mente artificiale, l’uomo sia messo di fronte alla possibilità di compiere in ogni occasione di vita la scelta più razionale e quindi necessitata? E una scelta necessitata, che quindi non ammette la possibilità di scegliere fra diverse alternative e quindi anche di sbagliare o fallire, non mina per ciò stesso la libertà, la responsabilità, e in sostanza l’umanità di ogni individuo? (cfr., su questi temi, il recente saggio di Francesca Marino: Blocksophia. La filosofia della blockchain, Mimesis).

Ci aspetta un mondo di stupidi ed eterodiretti replicanti, un gregge tanto preciso e perfetto nei suoi comportamenti quanto disumano? Filosoficamente potrei uscirmene dicendo che il pensiero, in quanto tale, è intrascendibile, e che quindi non c’è possibilità che esso possa essere assoggettato. Ma non può essere questa una risposta consolatoria, perché il problema resta nella forma di chi controllerà le nuove forme sprigionate dallo sviluppo della tecnica a cavallo fra informatica, biologia e ingegneria. Il futuro, come è ormai chiaro ai lettori di questa, è molto più imprevedibile di quanto gli uomini e gli scienziati continuino a illudersi di credere, anche perché esso travalica sempre gli umani intendimenti. Se però finirà, come sempre è stato, per sorprenderci, non per questo deve trovarci impreparati.

Io direi che una doppia azione di “contenimento” degli immaginabili effetti perversi è possibile agli uomini sin da ora. Ed essa si trova nel patrimonio ereditato dalla nostra civiltà occidentale. Occorrerebbe provare a istruire le menti in modo tale che, da una parte, esse abbiano sempre più coscienza dei rapporti fra potere e libertà che si andranno a configurare (questa è la vera “essenza” della nostra tradizione liberale); dall’altra, abituandole a ragionare in modo non positivistico (che non significa affatto antiscientifico). Sarà profondamente anticonformista e démodé dirlo (ma l’arcaico è a volte anche ciò che è già oltre il moderno) ma dalla logica formale e dal pensiero astratto non potrà mai scaturire, per sommatoria, il pensiero sintetico, concreto e fallibile che è proprio degli umani.

L’Intelligenza Artificiale (AI), in sostanza, è davvero intelligenza come per prima noi facciamo finta di credere? Già coltivare il dubbio potrà aiutarci, anche se questo non deve coincidere assolutamente con un atteggiamento di chiusura nei suoi confronti e soprattutto sulle sue applicazioni.

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