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Come e perché il confronto strategico fra Israele e Iran passa (anche) per l’Iraq

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu giovedì ha praticamente confermato che Israele sta operando all’interno dell’Iraq contro milizie sciite collegate all’Iran. Intervistato da Channel 9 —una tv che trasmette in russo, a volte anche senza sottotitoli in ebraico — ha risposto a una domanda a proposito di un coinvolgimento del suo paese nei quattro incidenti (leggasi: attacchi) che dal 19 luglio hanno colpito alcune postazioni usate dalle milizie irachene del raggruppamento PMF: operiamo “in diverse arene contro uno stato (l’Iran, ndr) che vuole annientarci”, e “naturalmente ho dato una mano libera alle forze di sicurezza e ho ordinato loro di fare tutto il necessario per contrastare i piani dell’Iran”.

I piani iraniani di cui parla Netanyahu riguardano il trasferimento di armi da Teheran ai proxy regionali, essenzialmente i libanesi Hezbollah, che tecnicamente sono in guerra con Israele dal 2006 e le intelligence dello stato ebraico credono che possono riaprire il fronte già entro l’anno (si pensava addirittura quest’estate). Per il rafforzamento dei libanesi i Pasdaran, che coordinano le attività tramite la forza di élite Quds, hanno sfruttato il caos del conflitto siriano, con ponti aerei diretti a Damasco, ma sono stati scoperti già dal 2013 e Israele ha iniziato a colpire gli scambi tra i due partner del regime Assad.

Sovrapponendo gli ultimi bombardamenti su una carta geografica come hanno fatto gli esperti dell’ISI (analisi satelittari open-source, israeliane), si può osservare come gli attacchi di queste tre settimane si allineino invece lungo una rotta terrestre utilizzata dagli iraniani adesso — dopo dozzine di bombardamenti che nel corso di questo sei anni hanno centrato l’aeroporto di Damasco appena dopo che i cargo iraniani scaricavano il materiale per Hezbollah & Co. Vengono usati camion-frigorifero, che tagliando le comuni strade che dall’Iran arrivano in Siria passano per l’Iraq cercando di camuffarsi tra il traffico normale. Le basi delle milizie che Teheran ha movimentato per difendere Baghdad dal Califfato e difendere il regime siriano diventano scali naturali — e magari scarichi intermedi. Ma Israele ha scoperto anche questo.

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Le parole di Netanyahu, che arrivano dopo diversi rumor fatti uscire ad arte in queste settimane e un’altra dichiarazione simile del premier durante una conferenza stampa da Kiev, interrompono anni in cui gli israeliani non parlavano mai delle proprie azioni all’estero. Attività clandestine di cui si conosceva la firma ma non c’era mai ufficialità, plausibilmente negabili, strategicamente ambigue. Ma con l’Iran il fronte si sta facendo sempre più teso e il clima è cambiato anche perché c’è una partnership con gli Stati Uniti più lanciata e Washington fa da catalizzatore per allineare Gerusalemme con Riad e Abu Dhabi.

Il capo della milizia ombrello PMF, che è anche il leader della Kata’ib Hezbollah irachena, due giorni fa ha incolpato gli Stati Uniti per gli attacchi, perché — sostiene con dichiarazioni chiaramente zeppe di propaganda — gli americani hanno fatto entrare gli israeliani in Iraq. Dice che ci sono quattro droni israeliani che sono stati spostati dall’Azerbaijan in Iraq l, in una base verso il confine siriano gestita dalle forze statunitensi. Niente di minimamente confermabile, ma qualcosa di vero può esserci. Due fonti militari Usa hanno rivelato al New York Times che il primo dei quattro raid — quello del 19, che avrebbe colpito un carico di missili a media gittata — è stato condotto dagli israeliani “da dentro” il territorio iracheno.

Ma gli attacchi potrebbero anche venire da Erbil, nel Kurdistan, che è affollato di forze straniere e dove il governo iracheno ha poco controllo. Per evitare problemi, Baghdad ha chiesto che tutti i voli della Coalizione anti-Is siano comunicati prima della partenza: le milizie hanno un buon controllo sul paese, sono lo strumento con cui l’Iran gioca influenza in Iraq. Si ricorda che all’inizio dell’attuale crisi Washington-Teheran lungo le rotte petrolifere del Golfo Persico, il segretario di Stato americano rinviò all’ultimo momento una visita in Germania per volare a Baghdad e far sapere al governo iracheno che gli Stati Uniti avevano informazioni su missili iraniani passate alle milizie in Iraq. Pare che i dati intelligence arrivassero da Israele.



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