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Vi spiego perché l’Italia dovrebbe dire no a Nord Stream 2. Parla Bonfrisco (Lega)

Il cuore del problema nel caso del Nord Stream 2, il gasdotto russo-tedesco al centro di un disegno di legge Usa che mira a sanzionare società e persone coinvolte nella sua costruzione, non riguarda tanto le possibili penalizzazioni in arrivo quanto, in modo più ampio, il tema di un’Europa “a guida tedesca” che “condiziona in modo negativo lo sviluppo equilibrato dell’Ue”, “non valorizza il canale di approvvigionamento già avviato a sud con la Trans Adriatic Pipeline” e “trascura il fondamentale dialogo con gli Stati Uniti”.
A crederlo è Cinzia Bonfrisco, esponente della Lega e componente della Commissione Affari Esteri dell’Europarlamento, che ha affrontato l’argomento in una conversazione con Formiche.net.

La commissione per le Relazioni estere del Senato degli Stati Uniti ha approvato un disegno di legge che mira a introdurre sanzioni contro le società e le persone coinvolte nella costruzione del gasdotto russo-tedesco Nord Stream 2. Che cosa significa, innanzitutto, da un punto di vista europeo?

Posto che lo strumento delle sanzioni rischia di essere sempre inefficace rispetto al vero tema che è quello delle politiche che vanno affrontate, la forte opposizione al progetto da parte di molti Paesi europei – inclusi quelli del gruppo Visegrad – a mio avviso non fa che confermare una deriva germanica che, anche in questo caso, condiziona in modo negativo lo sviluppo equilibrato dell’Ue. E che, nel caso del gasdotto in questione, finirebbe per penalizzare anche l’Italia.

In che modo Nord Stream 2 nuocerebbe all’Italia?

L’interesse del nostro Paese è che venga molto più valorizzato il canale di approvvigionamento già avviato a sud con la Trans Adriatic Pipeline (Tap). Senza contare che c’è, poi, un tema geopolitico più ampio da non sottovalutare.

A quale tema fa riferimento?

Gli Stati Uniti sono da tempo allarmati per la crescente dipendenza dell’Europa dal gas russo. Non è solo un tema energetico, ma anche di sicurezza. E, in questo senso, il dialogo e la collaborazione con gli Usa – anche in proiezione dei nuovi accordi commerciali, compresa la ripresa del dialogo sul Ttip – deve starci molto a cuore, soprattutto alla luce della Brexit. Questo non vuol dire penalizzare l’Europa, ma far sì che finalmente cambi rotta, anche nel settore energetico.

Che cosa dovrebbe fare l’Ue nel settore dell’energia?

Credo che la questione del raddoppio di Nord Stream rappresenti un grande rischio per il condizionamento energetico che costituisce. L’Ue deve guardare agli interessi di tutti i Paesi che la compongono, e non solo di alcuni. In questo processo, l’Italia, attraverso la Commissione Affari Esteri dell’Europarlamento di cui faccio parte, porterà questa necessità.

Che tipo di confronto immagina in Europa?

Ci auguriamo che i passaggi importanti che sono davanti a noi, a cominciare dalla composizione della Commissione europea, siano il più possibile all’insegna di una rafforzata unione col forte contributo del nostro Paese. In questo senso, il tema dell’energia così quelli dell’agricoltura e dell’immigrazione sono banchi di prova di una unione vera e solidale. Faremo senz’altro la nostra parte in modo costruttivo. Speriamo che l’Italia non esca delusa dall’Unione europea.

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