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La battaglia sul Pil non è persa. Ma ora più figli. Parola di Blangiardo

Sì, l’Italia è ferma al palo, senza Pil e con la ragionevole prospettiva si vedersi aumentata l’Iva. Ma mai dire mai. Si può sempre andare incontro a una specie di resurrezione economica. Giancarlo Blangiardo, demografo oggi alla guida dell’Istat, lo sa bene. La storia è piena di corsi e ricorsi, d’altronde. Questo pomeriggio, più o meno nelle stesse ore dell’intervento del premier Conte al Senato, Blangiardo parlerà al tradizionale Meeting di Rimini organizzato da Comunione e Liberazione.

Il grosso del messaggio però è stato anticipato in un’intervista concessa al Sussidiario.net. Punto primo, zero Pil ma… “la partita è in corso. Ci sono segnali che arrivano, per esempio, dalla produzione industriale, piuttosto che dal Pil, che vanno nella direzione di una stagnazione. Ce ne sono altri, legati per esempio all’export e ancor più all’occupazione, almeno in termini quantitativi, che seppur non esaltanti sono quanto meno positivi. In generale la partita economica è difficile, ma resta aperta”.

Blangiardo sa bene che non è tutta colpa dell’Italia se il Pil langue. “Tutti siamo a conoscenza dei difficili rapporti tra Stati Uniti e Cina, dei timori di una guerra dei dazi, dei problemi che attraversano le grandi economie europee come la Germania: tutti fattori che inevitabilmente hanno conseguenze per un Paese come l’Italia che e’ aperto sul piano internazionale. Non credo sia metodologicamente corretto, né tutto sommato utile, fare grandi considerazioni a seguito di confronti. Meglio prendere atto di quel che accade e rimboccarsi le maniche per trovare il modo di migliorare la situazione”.

C’è però un’altra questione che sta a cuore al numero uno dell’Istat. La scarsa natalità di questo Paese. Vuoi per l’assenza di misure adeguate o per un welfare poco aggiornato, in Italia non si fanno più figli. E questo è un male secondo Blangiardo. Di qui una richiesta specifica al prossimo governo. “È necessario che le famiglie, le coppie, siano messe in condizione di poter fare quei figli che oggi non fanno. C’è una minor fecondità, un rinvio, che molto spesso diventa rinuncia, nell’avere il secondo o il terzo figlio, anche per motivi di natura economica, legati alla struttura del mercato del lavoro, alla difficile conciliazione tra maternità e lavoro. C’è anche un contesto culturale che non sembra gratificare chi eroicamente decide magari di fare più figli. Tutte queste cause interagiscono e si sommano, producendo il risultato finale che poi osserviamo attraverso i dati statistici”.

Per Blangiardo la questione demografica resta la più problematica per il nostro Paese. “Abbiamo visto dal 2015 – osserva – che la popolazione diminuisce numericamente, sono sei anni che abbiamo il record di natalità più bassa di sempre nella storia d’Italia e il saldo naturale è negativo per quasi 200mila unità. È dunque evidente che le modifiche della popolazione in quantità e in struttura determinano dei cambiamenti su tutti i fronti, compreso quello economico. Da questo punto di vista la partita per certi versi è ancora aperta, però è più faticosa: siamo pressati da un andamento demografico certamente non favorevole”.



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