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La Lituania ad Amazon: basta vendere oggetti con falce e martello

La Lituania ha chiesto ad Amazon di sospendere la vendita del merchandising che reca simboli sovietici, soprattutto la tristemente famosa falce e martello. La motivazione addotta da Vilnius è che rappresenta un’offesa alle vittime del totalitarismo e a un Paese, la Lituania, che come molti altri, fino al collasso del comunismo, faceva parte dell’Unione Sovietica.

L’iniziativa è partita da Vytautas Landsbergis, un membro del partito conservatore lituano, che è stato anche il primo Capo di Stato dopo l’indipendenza della repubblica baltica dall’ex Unione Sovietica. Il momento, non è stato scelto a caso. Quest’anno, infatti cade l’ottantesimo anniversario del patto Ribbentrop-Molotov, con il quale si garantiva la non aggressione fra il Terzo Reich e le Repubbliche socialiste sovietiche e si condannava la Lituania e altri territori a rimanere sotto il giogo di Mosca.

L’uomo, che oggi ha 86 anni, si è rivolto direttamente al fondatore di Amazon, Jeff Bezos. “Amazon oggi distribuisce gadgets che portano simboli tremendi che significano tirannia, morte, sofferenza. L’Urss è stata partner di Hitler nel genocidio”. Ha scritto l’anziano politico, che l’età non è riuscita a piegare quanto a forza e ideali. “Il 23 agosto è legato strettamente all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, fu un patto criminale”.

I diplomatici lituani hanno fatto pervenire il messaggio al fondatore di Amazon, aggiungendo che prodotti commerciali recanti la falce e il martello dovrebbero proprio smettere di essere prodotti. “Per noi è un trauma, hanno fatto sapere dal ministero degli esteri di Vilnius –. Non tutti si rendono conto dei crimini di cui si è macchiato Stalin. Si tratta di una questione di fiducia storica”.

Le Repubbliche baltiche, Estonia, Lettonia e Lituania, erano i territori più ricchi e più vicini all’Occidente dell’ex Unione Sovietica, e sono fra quelli che hanno pagato il prezzo più caro con l’omologazione al modello comunista. Per questo, quando quel sistema collassò, furono fra i primi territori a reclamare la loro indipendenza. Ma la ferita non si è certo sanata. In molte di queste regioni le minoranze russe hanno avuto grossi problemi o sono state costrette ad andarsene.

I rapporti con il Cremlino sono pessimi e al confine con la Russia sono stati eretti centinaia di chilometri di muri divisori. La motivazione ufficiale è fermare i flussi di migranti che arrivano dall’Asia Centrale, dal Pakistan e dall’Afghanistan. Ma si avverte, sempre più evidente, di separare il loro presente, dal mondo di ieri.


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