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L’ultima mossa di Maduro è sciogliere il Parlamento. L’accusa di Guaidò

Nicolas Maduro non molla la linea dura, punta a sciogliere il Parlamento attualmente in mano all’opposizione e a tornare anticipatamente al voto. L’accusa arriva direttamente da Juan Guaidò, autoproclamato presidente ad interim che non ci sta a osservare inerte l’ultimo tentativo del regime di Caracas per mantenere il potere, un tentativo che si affianca alla costante repressione ormai in corso da anni.

IL PIANO DI MADURO…

Il piano svelato da Guaidò via social è tutto nella riunione odierna della Assemblea costituente (Anc), l’organo eletto a luglio del 2017, composto da fedelissimi del regime e dotato da Maduro di pieni poteri al fine di contrastare e depauperare l’Assemblea nazionale in cui l’opposizione mantiene la maggioranza. D’altra parte, l’obiettivo dell’Anc (il cui mandato lo scorso maggio è stato esteso fino alla fine del 2020) era l’elaborazione di una riforma costituzionale di cui però non c’è traccia. Ora però, l’organo che scatenò le violente proteste e la conseguente durissima repressione (con 125 vittime), potrebbe tornare utile a Maduro per un’altra ragione.

…E L’ACCUSA DI GUAIDO’

“Questo regime senza scrupoli immagina di sbarazzarsi illegalmente del Parlamento venezuelano, è per questo che convocano l’Assemblea costituente”, ha detto ieri Guaidò, con un’anticipazione sul calendario poi confermata dal presidente dell’Anc Diosdado Cabello. “Vogliono sciogliere il Parlamento, convocare illegalmente le elezioni parlamentari o addirittura perseguire i deputati”, ha dichiarato il presidente autoproclamato (e riconosciuto da circa 50 Paesi, non l’Italia). Difatti, con le elezioni del 2015, la fine naturale della legislatura è prevista per il 2021. Maduro vorrebbe invece anticipare il voto, con l’obiettivo di liberarsi delle forze di opposizione attraverso la rodata struttura repressiva.

L’EMBARGO AMERICANO

La mossa non sorprende, e anzi sarebbe assolutamente in linea con le forzature istituzionali già adottate dal caudillo venezuelano. Tra l’altro, parrebbe la risposta interna alla pressione esterna esercitata dagli Stati Uniti, giunta la scorsa settimana al suo apice con l’introduzione dell’embargo totale: “tutte le proprietà o interessi in proprietà del governo del Venezuela negli Stati Uniti sono bloccate e non possono essere trasferite, esportate, ritirate o gestite in altro modo”. La decisione americana è stata annunciata direttamente da Donald Trump, con la specifica che le esenzioni al sistema sanzionatorio saranno valutate “caso per caso”, e comunque solo quelle relative ad attività ufficiali e alle transazioni collegate alla fornitura di aiuti umanitari.

LA RISPOSTA

L’ordine esecutivo del presidente Usa è stato il primo del genere dalla caduta del muro di Berlino diretto a un Paese dell’emisfero occidentale, ponendolo di fatto alla stregua dei Paesi che gli Stati Uniti considerano nemici, come Corea del nord, Iran o Siria. La mossa è stata forte, tanto da suscitare l’immediata reazione del regime, che ha tacciato l’ordine esecutivo di Trump come “terrorismo” e “atto criminale”. Immediato anche l’appoggio dei Paesi che sostengono Maduro, Cina e Russia su tutti. In più, il giorno dopo l’imposizione dell’embargo, lo stesso Maduro ha rilanciato l’accusa a Washington (questa volta personale al consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton) per aver tentato di farlo assassinare.

L’AZIONE DI ABRAMS

Intanto, gli Usa continuano a muovere i vari pedoni nello sforzo di colpire il regime. L’azione diplomatica è portata avanti dal falco Elliott Abrams, inviato speciale degli Stati Uniti per il Venezuela. In una recente intervista, Abrams ha escluso “per il momento” ogni ipotesi di opzione militare, ma ha anche spiegato che la cosa non è da infilare in un cassetto. “Nessuno avrebbe detto a George H. W. Bush nelle elezioni del 1998 che avrebbe finito per invadere Panama! Quindi, vedremo cosa ci porta il futuro. Al momento possono dire che abbiamo la capacità per usare la pressione militare”. Un messaggio neanche troppo velato a Maduro, che nel frattempo cerca conforto da Mosca e Pechino e lancia l’ennesima iniziativa sul fronte istituzionale. Guaidò ha avvisato.

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