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Mario Giro spiega perché salvare la legislatura è arduo ma…

Una crisi molto annunciata, da tutti “prevista”, che poi però ha colto osservatori e politici alla sprovvista. Nessuno si aspettava una caduta ferragostana del governo giallo-verde, soprattutto nessuno dei numerosi peones in parlamento. Ciò vale per l’M5S che reagisce infatti con rabbia: nel suo caso rischiano non solo i parlamentari semplici ma anche i capi. E vale in un certo modo anche per i gruppi parlamentari del Pd (perlopiù “renziani” che temono di non essere ricandidati) e di Forza Italia nel pieno di una ridefinizione interna. Qui c’è una prima conseguenza: il tentativo in atto (non si tratta di una boutade giornalistica) di una nuova maggioranza temporanea “M5S-Pd renziano-FI allo sbando”, denunciato anche dallo stesso Salvini, che si staglia come ultimo tentativo di salvare la legislatura, con possibilità di successo basse ma da non sottovalutare. Proviamo a ragionarci.

Lo scambio iniziale consisterebbe nel dare al M5S la riforma del taglio dei parlamentari a cui però la segreteria del Pd è da sempre contraria. Ma la strada per consolidare tale primo passo e giungere a un governo di transizione è ardua, tutta da verificare. Dipende da alcuni fattori: sarebbe innanzi tutto necessario garantire che tutti i parlamentari Pd e M5S la approvino e la sostengano nel tempo. Per ora si sa solo che sarebbero d’accordo i renziani e i franceschiniani, ma non tanto gli altri del Pd; da parte CinqueStelle poi non ci si è ancora espressi anche se Beppe Grillo da par suo ha fatto sapere di non volere la fine della legislatura (“non siamo dei kamikaze”).

Servirebbe inoltre certamente l’appoggio di nuovi “responsabili” almeno al Senato: una decina di senatori e un po’ di deputati da altri gruppi (soprattutto da Forza Italia ma qui ci vorrebbe un assenso anche indiretto di Berlusconi che non è scontato). Non basterebbe mettere su un esecutivo che duri alcuni mesi perché lascerebbe intatti tutti i problemi e tutti i sospetti. Solo qualche mese in più fa sospettare alla dirigenza Pd che Renzi cerchi solo il tempo necessario per mettere su la propria formazione politica centrista (di cui da tempo parla ma che ancora non ha messo davvero in cantiere).

Lascerebbe poi all’ipotetico governo di transizione l’onere di una finanziaria che si presenta durissima: tutto combustibile buono per la campagna d Salvini. Quest’ultimo ormai ha un progetto esplicito: fare uscire l’Italia dall’Euro e lasciarla in balia delle onde economiche globali (illudendosi di riutilizzare la vecchia svalutazione competitiva per creare effimera ricchezza). Per questo grida ora al complotto e ad “elezioni subito” ma potrebbe ben accomodarsi di un governo a tempo fatto dagli altri: potrebbe uscirne con una maggioranza ancor più solida a marzo che non a ottobre. Quindi una maggioranza tecnica per un governo di alcuni mesi non esiste perché non troverebbe favorevoli i gruppi dirigenti Pd e probabilmente nemmeno M5S.

Resta dunque il punto più arduo di tale ipotesi: un nuovo patto per un “governo politico” che duri qualche anno e arrivi almeno fino all’elezione del Presidente della Repubblica. È ciò che pensano coloro che sostengono il tentativo, perché sinceramente preoccupati della tenuta della democrazia in Italia, e che vogliono in ogni modo opporsi al vento sovranista. Ma chi potrebbe crearne le condizioni? Come spingere Pd e M5S verso un nuovo contratto, magari circoscritto? Come costruire fiducia tra due schieramenti che si sono opposti su quasi tutto? Per ora Zingaretti non crede seriamente possibile tale eventualità e non si può dargli torto.

Per riuscire in questa ardua operazione servirebbero fatti politici nuovi ed importanti che per ora non appaiono all’orizzonte. Chi in Parlamento è davvero preoccupato di consegnare a breve il paese a un “nuovo Orban”, deve dimostrare di avere carte solide in mano o di possedere una capacità politica di sintesi superiore al mero tatticismo. Solo in questo modo si potrebbe immaginare una nuova maggioranza politica (anche a tempo) che regga l’urto violento dei sovranisti per alcuni anni e sia in grado di non dividersi al primo battibecco. Non è cosa semplice. In generale si dice che “il potere unisce” e che “il tempo lenisce”, ma Salvini ha appena dimostrato il contrario: ha spremuto tutto ciò che gli serviva dagli ingenui CinqueStelle e poi li ha gettati via in nome del suo solo interesse. Ma è anche vero che questo è un buon argomento per opporsi alla sua politica in ogni modo possibile.


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