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Huawei Italia in blacklist? Non sorprende ed è solo l’inizio. Italia avvisata…Parla Mele

L’inserimento di Huawei Italia e del suo centro ricerche milanese nella lista nera delle aziende potenzialmente pericolose per gli Stati Uniti (qui l’articolo di ieri) è molto più di un cattivo voto in condotta. Si tratta di qualcosa che entra direttamente nelle stanze del governo, dei ministeri, proprio nelle ore in cui si sta tentando la nascita di un governo Pd-Cinque Stelle. Sulla scelta americana di alzare il tiro sul colosso cinese delle telecomunicazioni, Formiche.net ha sentito il parere di Stefano Mele, avvocato e grande esperto di nuove tecnologie, nonché presidente della Commissione sicurezza cibernetica del Comitato Atlantico Italiano.

Avvocato, cosa vuol dire per Huawei Italia ed il suo centro di ricerca di Milano essere finiti nella blacklist del Dipartimento del commercio statunitense?

Per Huawei Italia molto probabilmente significherà assistere ad una contrazione dei ricavi nel mercato italiano. Questo perché la sua presenza è forte soprattutto all’interno delle società telefoniche che operano in Italia e che in alcuni casi già da tempo utilizzano tecnologie e apparecchiature marchiate Huawei. La mossa degli Stati Uniti, quindi, potrebbe avere delle consistenti ricadute economiche. E questo nonostante l’approccio di apertura nei confronti delle politiche cinesi finora dimostrato dal governo italiano. Vorrei però sottolineare un altro aspetto…

Prego.

Gli Stati Uniti da tempo e in maniera molto chiara hanno avvisato tutti gli alleati, Italia compresa, dei pericoli che potrebbero nascere dall’utilizzo delle tecnologie cinesi. La decisione di ieri, quindi, non è altro che l’applicazione di quelle azioni che il governo americano ritiene fondamentali per garantire anzitutto la propria sicurezza nazionale e la sicurezza delle loro informazioni classificate e riservate. Non possiamo, quindi, di certo lamentarci! Peraltro, ritengo che questa misura non sarà l’unica che a stretto giro ricadrà sull’Italia e sugli alleati. Infine, appare sempre più evidente come l’esposizione americana attraverso azioni concrete – e non solo con “semplici” proclami pubblici – indichi che le accuse sollevate nel corso degli ultimi mesi nei confronti delle società tecnologiche cinesi abbiano decisamente un fondamento di verità.

Quale può essere l’impatto sulle telco italiane e sui progetti di 5G nel nostro Paese?

All’interno dei più alti vertici delle principali aziende italiane dovrà svolgersi al più presto un dibattito politico-strategico molto serio su questo tema, soprattutto ove già si utilizzino queste tecnologie. Un dibattito che, ovviamente, dovrà portare alla decisione se continuare a utilizzarle oppure sostituirle. Una scelta di certo non semplice, ma che, a mio avviso, dovrebbe essere presa tenendo ben presente la collocazione delle nostre aziende all’interno del mercato europeo, le esigenze dettate dalla Direttiva NIS e dal nuovo Perimetro di Sicurezza Nazionale Cibernetica, nonché le nostre alleanze sul piano internazionale. Nessuna delle principali aziende italiane, dunque, può oggi permettersi di ignorare quanto gli Stati Uniti ci stanno da tempo sottolineando. Auspico, allora, che nel più breve tempo possibile si svolga questa importantissima riflessione, così come auspico che i più alti vertici delle nostre aziende nella loro decisione tengano ben presente l’intero scenario e non solo quello legato ai prezzi.

Lei, Mele, prevede l’apertura di un contenzioso o si potrà trovare un compromesso con gli Usa?

Al momento non riesco ad immaginare come si possa giungere nel breve periodo ad un compromesso. Da un lato, infatti, gli Stati Uniti si sono esposti pubblicamente e in maniera molto ferma per denunciare la pericolosità di queste tecnologie. Dall’altro, invece, non possiamo non evidenziare come la macchina della propaganda cinese tragga fortissimo giovamento, soprattutto in patria, nello spingere sul tema della “inspiegabile” guerra commerciale degli Stati Uniti, aumentando di fatto la polarizzazione dello scontro. È evidente, quindi, come nessuna delle due potenze in gioco abbiano al momento alcuna utilità a trovare un punto di incontro su questo tema.

Ritiene che l’aver emanato e poi bloccato un decreto legge sulla golden power, avversato proprio da Huawei, possa aver spinto l’Amministrazione Usa ad assumere la decisione di mettere nel mirino il nostro Paese/Huawei Italia?

Non vedo correlazione e non mi pare assolutamente che questa sia una misura esclusivamente contro l’Italia. Semmai è interessante notare il tempismo, che sa di monito rivolto al nostro prossimo governo. Un messaggio per dire ‘attenzione non vi dimenticate che il tema della nostra sicurezza nazionale e della sicurezza internazionale passa anche attraverso le vostre scelte politiche nei confronti della Cina’. Data la nostra situazione politica attuale, come si suol dire, a buon intenditor poche parole!

La materia della sicurezza cibernetica è assai complessa e non sempre è in cima all’agenda politica italiana. La vicenda cinese può aiutare a determinare una svolta? In che direzione? Cosa consiglierebbe al prossimo governo, quale che sarà?

Il mio più vivo auspicio è che il tema della sicurezza cibernetica venga finalmente preso davvero sul serio da parte dei nostri politici. Oggi è impensabile parlare di innovazione tecnologica senza parlare anche e soprattutto di sicurezza cibernetica. Questo, purtroppo, i nostri politici non sembrano averlo capito a pieno, limitandosi a considerare questo settore come inutile perché incapace di portare voti e consenso. La vera politica, però, è e deve essere soprattutto quella capace di guardare a ciò che davvero può essere il cardine del nostro futuro politico, economico e sociale, al di là se gli elettori riescano o meno a capirne oggi l’importanza. Questo nostro futuro – è sotto gli occhi di tutti – passa soprattutto attraverso l’innovazione tecnologica, che a sua volta per funzionare si deve sorregge sulla sicurezza cibernetica. Se ciò è vero, come fermamente credo, allora l’innovazione tecnologica e la sicurezza cibernetica devono diventare uno degli elementi cardine della nostra politica nazionale, come lo sono già in altri paesi, gli Stati Uniti anzitutto. È tutto qui! È questa la chiave del nostro futuro ed è questo il mio auspicio per il governo che verrà.

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