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Oro, armi, contrabbando. L’Isis è vivo e continua a finanziarsi

I terroristi hanno bisogno di soldi e nei momenti di difficoltà il bisogno aumenta per la necessità di riorganizzarsi. È quanto sta avvenendo all’Isis dopo la sconfitta militare. Mentre un documento statunitense, pubblicato dal New York Times, quantifica in 18mila i terroristi aderenti all’Isis ancora presenti in Siria e in Iraq che rappresentano un grande pericolo per la stabilità internazionale, un report del Cesi, il Centro studi internazionali, fa il punto proprio sulle modalità di finanziamento del Califfato. Oltre che in Siria e in Iraq, cellule di estremisti sono sempre più numerose in Afghanistan, Egitto, Libia, Asia, Africa Occidentale, Somalia, Yemen, Sinai e nel Sahel: a loro non basta l’ideologia, servono i soldi.

Al massimo del successo, scrive il Cesi, l’Isis godeva di un patrimonio di 6 miliardi di dollari, tetto mai raggiunto da altri gruppi terroristici. All’inizio il controllo territoriale consentiva lo sfruttamento di giacimenti petroliferi, di gas e di altre risorse naturali (rivendute sul mercato nero a prezzi altamente concorrenziali), oltre a tasse sulla popolazione, estorsioni, furti, contrabbando di opere d’arte e donazioni provenienti da ricchi cittadini dei Paesi del Golfo.

RICICLAGGIO E CONTRABBANDO

Tra denaro contante, oro e opere d’arte, l’Isis ha mantenuto risorse per circa 400 milioni di dollari nonostante la sconfitta: a tanto ammonta la somma che si presume sia stata trasportata tra il 2017 e il 2018 fuori da Siria e Iraq, riciclata in attività legittime come alberghi, ristoranti, aziende agricole, rivendite di automobili anche per dare uno stipendio ai miliziani. Oltre a investire in Turchia acquistando oro, il report del Cesi ricorda l’intensa attività di contrabbando: idrocarburi trasportati fino al confine della Turchia dov’erano acquistati in contanti da broker petroliferi; reperti archeologici; armi vendute soprattutto nei Balcani; sigarette, droga e migranti su cui l’Isis incassa tasse di transito o il pagamento di un servizio scorta. Gli esperti chiamano “multiple consignment contraband”, il traffico “multi carico”, il sistema di muovere nella stessa spedizione beni diversi utilizzando le tradizionali rotte del contrabbando insieme con le aree controllate dai terroristi e collaborando con organizzazioni criminali.

LE DONAZIONI

La donazione e la carità in questo caso avvengono distorcendo il concetto del principio islamico della “purificazione della ricchezza” ed è noto che si usa la zakat, una tassa come minimo del 2,5 per cento del proprio capitale; la Sadaqa, carità volontaria secondo l’Islam; il Jihad bil maal, il jihad combattuto finanziando i militanti. Tre sono i mezzi più diffusi per le donazioni: l’Hawala, l’invio informale di denaro attraverso molte persone e basato sull’onore; il money transfer, con piccole somme inviata da più uffici di money transfer, oppure con versamenti minimi fatti da più persone; il crowdfunding in bitcoin. Le criptovalute garantiscono l’anonimato e nel report del Cesi si ricorda il caso del sito Akhbar al Muslimin affiliato all’Isis, attivo dal 2017, bloccato e riapparso nel gennaio 2019.

È evidente, dunque, che l’Isis non è affatto sconfitto e che anzi, con la costante capacità di finanziamento attraverso i metodi più vari, costringe a una collaborazione internazionale sistematica e incrociata. Il vecchio concetto del “follow the money”, segui il denaro, con i terroristi non basta più.

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