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Crisi di governo o meno l’Italia dovrà rispettare i patti con l’Europa. Parla Paganetto

Il governo è nella sua fase più difficile della sua non troppo lunga esperienza. La crisi sembra alle porte anzi forse si è già infilata nel tessuto, permeando tutti e tutto. Ma le leggi che regolano il Paese e soprattutto l’Europa non aspettano. Entro il 30 settembre, governo o non governo gialloverde l’Italia dovrà presentare la manovra d’autunno all’Ue. E dovrà essere abbastanza convincente da evitare una nuova battaglia con Bruxelles sul deficit oltre a, naturalmente, nuove bordate da parte dei mercati che ci prestano 400 miliardi all’anno. Per un Paese esposto ai mercati esteri come il nostro, una manovra ragionata è tutto. Formiche.net ha sentito il parere di Luigi Paganetto, economista, vicepresidente della Cdp e animatore della Fondazione Economia Tor Vergata.

PACTA SERVANDA SUNT

“Credo sia molto importante mantenere gli impegni presi con l’Europa (al termine della procedura di infrazione, ndr), cui non possiamo mancare e trovare le risorse per far fronte alla scelta del governo a non aumentare l’Iva, Ma è altresì importante presentare una proposta convincente e credibile in grado di far crescere l’economia”, spiega Paganetto. Che elenca una serie di urgenze. “Gli investimenti continuano ad essere la nostra priorità. Non c’è dubbio peraltro che una diminuzione delle tasse è qualcosa che trova tutti d’accordo ma bisogna vedere la cosa da due punti di vista“. Quali?

MENO FISCO, MA COME?

Paganetto ha le idee chiare. “Innanzitutto la riduzione delle tasse deve riguardare tutta la platea di contribuenti e poi non necessariamente la riduzione fiscale ha effetti sulla crescita: dipende infatti da come si fa. Mi spiego, tutti siamo d’accordo che vada modificato l’Irpef per la classe media, quello dai 28mila ai 55mila euro. Già intervenire su quel tipo di scaglione sarebbe un successo anche perché portare dal 38% al 35 % non costerebbe moltissimo, tra i 5 e i 6 miliardi e ridurrebbe il carico tributario per dipendenti e pensionati che continuano ad essere i maggiori contributori”.

IL MITO DELLA FLAT TAX

C’è però quella che per la Lega è la pietra angolare della manovra, la flat tax. Anche qui Paganetto è preciso. “Si potrebbe fare più che sui redditi assoluti, sugli incrementi di reddito. Se io detasso gli aumenti di reddito mi trovo nella condizione sia di indurre i contribuenti a fare le dichiarazioni dei redditi e allo stesso tempo fare in modo che ci sia un’incidenza sul deficit che sia contenibile nell’ottica della manovra. Questo è un mix interessante perché concilia la riduzione delle ineguaglianze e allo stesso tempo incide sulle aspettative di una grossa fetta di contribuenti, quella fascia di cui abbiamo parlato, che rappresenta il grosso delle entrate statali imputabili all’Irpef”.

SALARIO MINIMO? MAH…

Poi c’è la misura cara al Movimento che però, visti i chiari di luna di questi giorni, sembra perdere possibilità di finire in manovra. E poi forse, non è una priorità. “Sul salario minimo penso che ci sia innanzitutto da ridurre il cuneo fiscale alle imprese, poi se a questo si affianca un salario minimo ben venga. In fondo le due cose possono stare in equilibrio. Questo doppio intervento da una parte libera risorse dando ai contribuenti più reddito da spendere così come il salario minimo Ma è ovvio che le imprese preferirebbero solo il taglio del cuneo. Va detto che nell’insieme si tratta di un’operazione fiscale che può trovare le risorse necessarie a sostenerla andando intanto (e non solo) ad incidere e razionalizzare il caotico sistema di deduzioni e detrazioni fiscali Irpef che si è venuto consolidando nel corso degli anni.
Infine anche se vanno tenute presenti le valutazioni più recenti dell’Istat su un possibile miglioramento del quadro macroeconomico nella seconda parte dell’anno non va dimenticato che per migliorare la nostra economia bisogna mantenere ferma la barra sugli investimenti pubblici inclusi quelli delle partecipate, concetto sul quale ha giustamente puntato il ministro dell’Economia”.

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