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Pompeo resterà Segretario di Stato o punterà a Senato? Sullo sfondo, la Casa Bianca

La Corea del Nord torna ad attaccare il segretario di Stato americano, Mike Pompeo. Il ministro degli Esteri nordcoreano, Ri Yong-ho, ha definito il suo omologo statunitense “una pianta avvelenata della diplomazia americana”, affermando inoltre che Pyongyang resterà la principale minaccia per Washington fin quando le sanzioni risulteranno in vigore. Non solo: il ministro nordcoreano ha anche tacciato Pompeo di perseguire ambizioni personali, anziché gli interessi della politica estera statunitense.

La durissima presa di posizione del regime di Pyongyang è avvenuta poco dopo che il capo del Dipartimento di Stato americano aveva sostenuto la necessità di mantenere in piedi le sanzioni, fin quando non ci fossero stati significativi passi di Kim Jong-un sulla strada della denuclearizzazione della penisola coreana. “È davvero così impudente da pronunciare parole tanto sconsiderate che ci lasciano solo delusi e scettici sul fatto che siamo in grado di risolvere qualsiasi problema con un ragazzo del genere”, ha non a caso tuonato Ri Yong-ho. D’altronde, pochi giorni fa, proprio Pompeo aveva espresso profonde preoccupazioni per i recenti lanci missilistici, attuati dal regime di Pyongyang.

Insomma, la tensione sale significativamente. Un fattore che potrebbe gravare come una seria ipoteca sulla possibilità di riaprire efficacemente i negoziati inerenti alla denuclearizzazione. Del resto, non è la prima volta che la Corea del Nord si lascia andare a commenti particolarmente negativi nei confronti di Pompeo: e questo nonostante il segretario di Stato segua in prima persona il processo di distensione tra i due storici nemici, da quando si recò in visita da Kim Jong-un nella Pasqua del 2018. Già lo scorso aprile, il ministero degli Esteri nordcoreano era risultato nettamente duro.

In un comunicato stampa, il funzionario del ministero, Kwon Jong Gun, aveva infatti dichiarato che Pompeo avesse “lasciato ogni giorno commenti sconsiderati e sofismi di ogni genere contro di noi”. In tal senso, Pyongyang accusò il segretario di Stato americano di mettere i bastoni tra le ruote ai negoziati, invitando Washington a sostituirlo. “Pertanto”, aveva concluso Kwon, “anche nel caso di una possibile ripresa del dialogo con gli Stati Uniti, vorrei che la nostra controparte del dialogo non fosse Pompeo ma un’altra persona che sia più attenta e matura nel comunicare con noi”. In particolare, la Corea del Nord sembrava propensa ad attribuire proprio a Pompeo la responsabilità del fallimento del vertice di Hanoi, tenutosi alla fine dello scorso febbraio.

L’attuale segretario di Stato americano resta quindi una figura ambivalente nell’amministrazione americana. Pompeo è infatti un notorio falco, entrato in carica l’anno scorso per sostituire un realista come Rex Tillerson al Dipartimento di Stato. Da allora, ha dovuto barcamenarsi tra le sue tradizionali istanze interventiste e la linea più cauta (e a tratti distensiva), auspicata da Donald Trump su dossier come la Russia e la Corea del Nord. Come che sia, in queste stesse ore il suo futuro risulta piuttosto incerto. Consistenti settori del Partito Repubblicano stanno infatti cercando di convincerlo a candidarsi per il seggio senatoriale del Kansas nel 2020, nella speranza così di mantenere il controllo della camera alta per i prossimi anni. Pompeo (che per il Kansas è già stato deputato dal 2011 al 2017) viene considerato infatti dalle alte sfere dell’Elefantino come un candidato molto forte e – per questo – quasi sicuramente vincente. E, in questi giorni, l’attuale segretario di Stato starebbe affrontando la questione con Trump.

A questo punto le interpretazioni possono essere differenti. Stando a quanto riporta Reuters, il presidente – pur riconoscendo l’eventuale utilità di Pompeo al Senato – non vorrebbe privarsi del suo segretario di Stato. Secondo un’altra prospettiva, tuttavia, Trump potrebbe in realtà approfittarne per sbarazzarsene e cercare – in definitiva – un profilo maggiormente in linea con il suo approccio realista. Un elemento che, agli occhi dell’inquilino della Casa Bianca, potrebbe rivelarsi fondamentale su dossier come l’Iran, la Russia e la stessa Corea del Nord.

Pompeo per il momento nicchia. E siccome c’è chi dice possa nutrire delle serie ambizioni presidenziali per il 2024, molto probabilmente vuole capire quale strada possa risultare la più conveniente. Sotto questo aspetto, i precedenti storici appaiono non poco istruttivi. Gli ultimi senatori a essere stati eletti alla presidenza sono Barack Obama nel 2008, Lyndon Johnson nel 1964 e John F. Kennedy nel 1960. L’ultimo segretario di Stato ad entrare nello studio ovale fu invece James Buchanan nel 1856. Una serie di elementi che potrebbe alla fine far propendere Pompeo per la candidatura al Senato.



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