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Il patto Molotov Ribbentrop 80 anni dopo. Putin ne approfitta per la disinformazione

Il 23 agosto del 1939 il ministro degli Esteri sovietico Vjačeslav Molotov e l’omologo tedesco Joachim von Ribbentrop firmarono un patto di non aggressione che definiva anche le reciproche sfere d’influenza tra i due totalitarismi, il Reich di Hitler e l’Urss di Stalin. Un accordo contestato dalle potenze occidentali europee perché ridisegnava segretamente la geografia politica del vecchio continente, diviso in aree controllate dalle due dittature che avevano siglato un’instabile luna di miele su carta, che sul campo avrebbe facilmente portato a conseguenze devastanti. La spartizione della Polonia, le invasioni, la Seconda guerra mondiale sono la prova atroce della giustezza di certe preoccupazioni. Oggi è un giorno del ricordo per le vittime di stalinismo e nazismo in dieci paesi dell’Ue, negli Stati Uniti, in Canada e in Georgia.

Ciò nonostante, i media pro-Cremlino a ottant’anni dalla firma del patto Molotov-Ribbertrop sono impegnati in questi giorni a diffondere un’altra narrazione. Da Mosca, gli outlet del pensiero alterato su cui si basa il potere russo sono ancora irremovibili: l’Urss è raccontata come riluttante a firmare il patto, come se non avesse avuto altra scelta, quando invece anche per la lettura stalinista c’era nel patto stesso la possibilità di modificare a proprio favore l’equilibrio di potere creatosi dopo la fine della Grande Guerra. I media russi costruiscono attorno a Molotov una narrazione epica, eroica: l’intesa non ha innescato la seconda guerra mondiale, l’Urss non può essere biasimata, la Polonia ha voluto attaccare l’Urss e comunque è stata solo un’idea di Hitler, spiega la Rossijskaja Gazeta, il giornale voce del Cremlino.

Tutto ruota attorno allo storytelling che riguarda lo sforzo vittorioso successivo, quello contro i nazisti, a cui Mosca ha contribuito. L’Eu East StatCom Task Force, gruppo di analisi del servizio Esteri dell’Unione europea che si occupa di monitorare e verificare le iniziative propagandistiche nell’Europa orientale (sostanzialmente Made in Russia) e di rendere le confutazioni pubbliche attraverso l’account Twitter EU Mythbusters (@EUvsDisInfo), scrive in un articolo della Disinformation Review (rivista online che pubblica): “La vittoria sul nazismo gioca indubbiamente un ruolo importante nella storia europea. Ma raccontare l’avanzata dell’Armata Rossa nell’Europa orientale occupata dai nazisti come ‘liberazione’ potrebbe essere il caso di disinformazione più eclatante fino ad oggi”. E ancora: “Il mito dell’occupazione sovietica come liberazione, perpetuato dai media pro-Cremlino, mira a cancellare dalla memoria le repressioni di massa e le sofferenze di milioni di persone, compresi i russi, per mano del regime sovietico”.

È anche attraverso certe narrazioni che Mosca ne spinge un’altra consequenziale: chiunque denuncia l’occupazione sovietica, non glorifica la storia della potenza dell’Orso russo, chi rifiuta di vedersi tuttora inserito nella nuova sfera d’influenza putiniana, viene descritto come russofobo o nazi-fascista. È per esempio parte delle disinformazioni fatte circolare sull’Ucraina ex-Maidan, il cui smarcamento dalla pressione di Mosca è stato raccontato dai media pro-Cremlino — e in alcuni casi accolto per dolo anche dai proxy propagandistici piazzati in altri paesi europei e non — come la vittoria dei nazisti e delle posizioni anti-semite (a Kiev in realtà siede un presidente di famiglia ebrea e i partiti di estrema destra sono marginalizzati, mentre da Mosca si appoggiano più o meno apertamente le posizioni di vari attori nazionalistici europei nel tentativo di disarticolare l’Ue).

La dimensione narrativa dietro al mantenimento del potere di Vladimir Putin al Cremlino è determinate. Anche per questo da giorni i media controllati dal governo russo hanno raccontato che George Soros e l’Occidente finanziano e istruiscono l’opposizione russa e la spingono a mettere in piazza le manifestazioni delle scorse settimane (addirittura, alcuni si sono spinti a dire che c’è anche l’aiuto della Corte europea dei diritti umani, nientemeno, che si occuperebbe di denunciare poi le repressioni a cui la polizia è spinta dai manifestanti indottrinati dai nemici della Russia). Allo stesso tempo, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti sono accusati dal Cremlino di aver orchestrato le proteste a Hong Kong: una narrazione che sposta la Russia al fianco di quel che viene raccontato da un altro governo autoritario, quello di Pechino.

Da giorni invece non escono più informazioni ufficiali sull’incidente nucleare che ha coinvolto un missile di nuova costruzione a Nyonoksa creando una dispersione atomica che potrebbe allungarsi fino alla Germania e alla Lituania (Berlino in questi giorni ha aumentato le scorte di pastiglie di iodio, utili per contenere gli effetti sulla tiroide delle radiazioni, ma non ci sono collegamenti pubblici con l’incidente). Molto tenuto nascosto, addirittura ai medici che hanno trattato i feriti i militari non hanno comunicato come e dove si era verificato l’incidente. Simile a quello che fu per Chernobyl, disastro recentemente tornato mainstream grazie alla serie HBO, che in Russia è stata criticata dai media governativi perché non racconta il patriottismo russo ed è troppo focalizzata su come gli ufficiali e il governo sovietico cercarono di mettere tutto a tacere (già pronta la contro-serie che incolpa la Cia del disastro al reattore 4). Anche nel caso del test andato male una decina di giorni fa l’alterazione di fatti e storia del Cremlino ha un ruolo: quello che è esploso sarebbe il motore di un super-missile, lo Skyfall come lo chiama la Nato, di cui Putin stesso s’è vantato Una anno fa e dunque ammettere il flop farebbe perdere forza muscolare all’uomo forte russo. E a proposito di missili, Mosca ha rapidamente colto l’occasione per spostare l’attenzione su un test missilistico americano — di un Tomahawk sparato da terra — che teoricamente sarebbe andato in violazione dell’INF. Un trattato decaduto il 2 agosto dopo che da anni gli Usa denunciano le scappatoie russe per uscire dai suoi dettami.

(Foto: la vignetta del London Evening Standard che raccontava il patto tra Hitler e Stalin)


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