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Renzi vs Salvini. Le convergenze parallele dei due Mattei raccontate da Lenzi

Due squadre, due capitani, un solo vincitore. Matteo Salvini e Matteo Renzi sono i protagonisti indiscussi di questa surreale crisi d’agosto. In attesa che l’arbitro Sergio Mattarella dia il suo verdetto, val la pena cercare un buon manuale d’istruzioni per orientarsi nelle settimane che verranno. Nel suo libro “Il caso Mattei” (Aliberti) Massimiliano Lenzi, autore tv e notista politico di razza, racconta le strane convergenze dei due gemelli diversi. Con l’aiuto di attenti e rodati osservatori dei palazzi, da Luigi Bisignani a Clemente Mastella passando per Massimo Cacciari e Paolo Crepet, Lenzi mette a fuoco i due volti candidati ad essere ancora protagonisti della politica italiana.

Partiamo dalle somiglianze. Cosa hanno in comune i due Mattei?

Sono poco diplomatici. Schietti con gli alleati, spregiudicati con gli avversari. Si innamorano facilmente e tradiscono ancora di più.

Un esempio?

Per Renzi basta ricordare il patto del Nazareno. Ha tentato di riformare la Costituzione con Berlusconi, una cosa impensabile per un leader del Pd. Per Salvini ovviamente il contratto con i Cinque Stelle. Ha fatto una campagna elettorale feroce contro di loro, per poi entrare a palazzo Chigi a braccetto.

Se sono così simili perché si fanno la guerra?

È proprio questa loro somiglianza a metterli contro. La loro determinazione li rende capaci di tutto. Così Renzi apre ai grillini pur di tagliare la strada a Salvini. E il leghista, ora che ha capito di aver rotto troppo presto o troppo tardi, è pronto a tornare sui suoi passi pur di scongiurare un governo con il Pd.

 

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C’è altro?

La comunicazione. Si tratta di due straordinari comunicatori che si passano meno di tre anni di età. Salvini è più forte sui social, Renzi in tv. Ma entrambi parlano e comunicano con tempi televisivi. Non è un caso che abbiano esordito partecipando a programmi tv, Renzi con la “Ruota della fortuna” di Mike Bongiorno, Salvini a “Doppio Slalom”.

Il berlusconismo ha avuto la sua parte nella formazione dei due leader?

Più che del berlusconismo direi che sono entrambi figli della rivoluzione della televisione commerciale. A questa fa riferimento Renzi quando prende in giro i gialloverdi citando Beautiful, e così Salvini quando tira in ballo le serie tv.

Nel libro cita un altro punto in comune: il gioco d’azzardo.

Sono due giocatori di poker. Renzi finora ha vinto due mani. Quando si è candidato contro tutto e tutti a sindaco di Firenze, e quando ha scalato il Pd e Palazzo Chigi nel 2013. Ha perso invece quella sul referendum costituzionale. Sembrava un’uscita definitiva e invece eccolo di nuovo in campo.

E Salvini?

Anche lui ha fatto all-in più di una volta. Ha salvato una Lega al 4% trasformandola nel più grande partito del Paese e sfondando al Sud. E ha vinto la scommessa del governo Lega-Cinque Stelle che tutti credevano impossibile. Ora ha preso una batosta con la corsa alle urne che, salvo colpi di scena, sembra terminata.

Ora le differenze. Da dove partiamo?

Immigrazione ed europeismo sopra tutte. Renzi ha sbattuto spesso i pugni ai tavoli europei, ma è un cattolico che guarda a sinistra e non può sposare in pieno la linea dei porti chiusi.

Eccone un’altra: la fede. Uno è un ex boy scout, l’altro un ex comunista padano. Tutti e due si dicono cattolici.

Sono due cattolici molto diversi. Renzi si è laureato con una tesi su Giorgio La Pira, il “sindaco santo” che cita ogni tre per due. Salvini sfoggia un cattolicesimo di frontiera all’americana, con rosario e Bibbia in mano e invocazioni pubbliche alla Madonna. Usa molto i simboli, ma a differenza del fiorentino non ha alle spalle un substrato democristiano.

E come leader sono simili? Salvini non ha le stesse grane di Renzi col partito.

Questo perché Renzi ha preso il Pd quando era ancora vivo e vegeto. Salvini ha raccolto la Lega in piena crisi del bossismo e sull’orlo dell’estinzione riportandola in doppia cifra.

Insomma, non esiste una Lega senza Salvini. E un Pd senza Renzi?

L’ex premier ha perso l’occasione di costruire un partito macroniano alla vigilia del referendum costituzionale del 2016. Con una lista in solitaria sarebbe relegato a percentuali molto ridotte. Avrebbe bisogno di un partito-nazione come En Marche. Poteva pensarci tre anni fa, oggi quel treno non torna. Tant’è che sta facendo la guerra a Salvini da dentro il Pd.

Come andrà a finire? Tra i due litiganti Conte gode?

Conte potrebbe godere se riuscisse a evitare il rischio vanità, quello che convinse Mario Monti a scendere in politica e metter su una lista sua.

Quel rischio c’è oggi?

Il premier è molto tentato, la lettera a Salvini di ferragosto è eloquente. La mia impressione è che vincerà la partita se eviterà di fare il frontman dei Cinque Stelle. Se oggi gode di un grande consenso è perché si tiene in equilibrio fra il diavolo e l’acqua santa.

Quindi chi vince la partita?

Il bipolarismo, grande protagonista della politica italiana. Berlusconi ha diviso il Paese in berlusconiani e antiberlusconiani. Grillo con i suoi Vaffa Day in casta e anti-casta. Oggi ci sono due squadre e due capitani: Matteo Renzi contro Matteo Salvini.


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