“Si è conclusa una fase”. Paolo Becchi, politologo e saggista, in libreria con Italia sovrana (Sperling & Kupfer), parla del divorzio gialloverde, e non sembra sorpreso.
Professore, quale fase?
Per quasi un anno il sovranismo identitario e quello sociale di Lega e Cinque Stelle hanno trovato una buona sintesi nei provvedimenti di questo governo, in particolare Quota 100 e Reddito di cittadinanza. Ora Salvini ne ha aperta un’altra. Vedremo se riuscirà a far tesoro di questi mesi.
Cioè?
Occorrerà a partire da questa esperienza per ripensare al senso del sovranismo, anche in vista di un programma politico adeguato per le nuove elezioni. La distinzione tra sovranisti che ritengono ancora fondamentali gli Stati nazionali e globalisti che vogliono una governance globale resta fondamentale.
La Lega dove si colloca?
I leghisti oltre a far propria una posizione neoliberale fondata sulla riduzione delle tasse dovranno specificare che si tratta di un liberalismo espansivo, di totale rottura nei confronti di quel liberismo globalista incentrato su pareggio di bilancio e austerità. Occorre una politica di investimenti pubblici e di difesa dei lavoratori e dei loro diritti dai danni provocati da anni di austerità. Insomma la “ questione sociale” non va trascurata.
Insomma, Salvini dovrebbe salvare il salvabile dell’esperienza gialloverde.
Accanto ad un conservatorismo neo liberale ci vorrebbe un riformismo “neo socialista”. E poiché nessuna forza politica si fa carico di questo riformismo toccherà alla Lega farlo
costruendo un grande partito popolare interclassista, come si sarebbe detto una volta. Dopo Kerenskij , ossia l’avvocato Conte, questa è la vera sfida per la rivoluzione sovranista in Italia.
Torniamo alla crisi. Perché Salvini ha voluto rompere ora?
Dico da settimane che Salvini non cercava un semplice rimpasto e che la crisi era imminente. Ha capito due cose. Uno: il Movimento Cinque Stelle è lacerato dal suo interno e Di Maio è assediato, la cacciata di Max Bugani è eloquente. Due: ha avuto rassicurazioni dal Quirinale, che non gli ha chiuso il sipario sul voto a ottobre.
Quando?
Le interlocuzioni sono iniziate quando Giancarlo Giorgetti è salito al colle un mese fa. E sono proseguite in queste settimane.
C’è chi mormora di un ribaltone in Parlamento firmato Pd, Fi e M5S.
Mi sembra molto difficile. Certo, i renziani temono che Zingaretti non li ricandidi alle elezioni. Ma la trattativa con i Cinque Stelle è più difficile di quanto sembri.
Chi rischia di più con il voto a ottobre?
Il Movimento Cinque Stelle, senza dubbio. Forse ricompatterà le fratture interne, e troverà un’escamotage per una deroga al limite dei due mandati. Con la Lega alle urne però non c’è partita.
Come si è mosso finora Conte?
Sta cercando di frenare questo processo. Segue la linea di Prodi. Sarebbe potuto salire al Quirinale a rassegnare le dimissioni in men che non si dica. Ha preferito portare la crisi in Parlamento per prendere tempo, ma così il Paese perde tempo.
Sarà lui o Di Battista l’anti-Salvini dei Cinque Stelle?
Conte è la loro unica chance. È una figura con una sua complessità, apprezzata dagli italiani, che potrà dire di esser stato tradito da Salvini, anche se quest’ultimo ha soltanto sfruttato un’occasione che ingenuamente i Cinque Stelle gli hanno regalato con la mozione no Tav. Se Di Battista si candida premier Salvini prende il 50%. Politicamente non esiste. È un attore che recita benissimo la sua parte, se qualcuno gliela scrive. Lo faceva Gianroberto Casaleggio, ora non c’è più. Sarà utile nelle piazze, e forse in tv, purché sia istruito a dovere per evitare altre figuracce.
Salvini medita una corsa in solitaria. Ce la può fare?
La partita non è semplice. Per la legge elettorale formalmente basta ottenere il 40% dei voti. Peccato che Salvini debba vincere anche i collegi uninominali del Sud, e lì il gioco si fa duro. Per questo sta verificando in questi giorni le sue truppe in Puglia e in Calabria.
Berlusconi può aiutarlo?
Berlusconi ormai non ha più contatto con la realtà. Fra lui e l’esterno c’è il filtro di persone che gli fanno sentire solo quel che vogliono. E infatti è convinto che alle elezioni si ricostituirà il vecchio centrodestra e tutto tornerà come prima. Una follia. L’esperienza di Forza Italia si è definitivamente esaurita.